Il pezzullo di db (II) – Puericultura

PUERICULTURA

Credevamo che si fossero ormai esaurite tutte le possibilità di fare della letteratura distruggendo la letteratura, e invece no. Arno Schmidt ci mostra che l’esistenza di un enfant terrible, animato da sentimenti eversivi contro ogni autorità e contro le forme tradizionali, eppure (incredibile a dirsi) sincero, è ancora possibile. A prima vista le prose d’arte dello Schmidt si distinguono a malapena dalle altre del genere; sono scritte in prima persona, più o meno in forma di diario, in uno stile smozzicato e divagante, formicolante di lunghe parentesi, senza che vi succeda mai nulla di ben definito. Anche le situazioni sono tipiche. Leviathan [1949] è il resoconto di un viaggio in treno, sembra da Berlino poco prima della caduta, verso una destinazione ignota (anche questo del treno è un motivo scontato fin dall’allegra preistoria del nichilismo, quando Erich Kästner canterellava: Wir fahren alle im gleichen Zug / und niemand weiß wohin). Nel treno ci sono varie persone tra cui, oltre al narratore, una ragazza cui lo legano imprecisi rapporti amorosi, un pastore protestante e qualche vecchio, con uno dei quali si fanno lunghi discorsi filosofici. Già da questi pochi cenni risulta una caratteristica di Arno Schmidt: la predilezione per la cultura, sostenuta da una pesante erudizione che abbraccia entrambe le “facoltà filosofiche” delle università tedesche: storia, filosofia, letteratura, ma anche astronomia, chimica, fisica. È vero che questa cultura è usata in buona parte in funzione formalistica, estetizzante, per dare delle belle liste sonanti di nomi. Però qui ha anche una funzione positiva, che non aveva nemmeno in Joyce: non è soltanto un’eco, ma una promessa. Nella distruzione totale dei valori, in un mondo leviatanico, i libri sono un punto di riferimento, un appiglio. Ora, l’esperienza fondamentale dello Schmidt è il nazismo, per cui egli prova un orrore profondo e genuino, rarissimo, ahimè, tra i tedeschi d’oggidì. Esso è per lui l’incarnazione integrale del Leviatano, del brutto potere ascoso che opprime e distrugge l’uomo. Il nichilismo, la sete d’eversione, si appunta quindi contro ogni ordine in quanto ogni ordine è di natura leviatanica, è un precursore del “nuovo ordine” nazista. Questa sommaria parentela tra Dante, Platone e, diciamo, Ilse Koch, rivela certo sempre l’enfant terrible in rivolta contro i miti scolastici. Col semplicismo per cui ogni organizzazione purchessia sarebbe leviatanica e concentrazionaria non si va molto lontano. Non dimentichiamo però che se questo semplicismo è un errore, è un errore ingenerato da una violenta, incontrollata reazione alla dittatura nazista, e quindi un errore che può essere benefico. Per un giovane cresciuto in un’epoca in cui si mirava a rimbecillire e abbrutire la gioventù, è anzi quasi il massimo che si possa pretendere dalla spontaneità dell’individuo. Poiché in favore dello Schmidt non militano soltanto delle pure e semplici attenuanti sociologiche. C’è nel suo anarchismo qualche cosa di profondo e di indistruttibile: il momento dell’indignazione giovanile, della piena del cuore ferito. Del fenomeno gioventù emerge anche un altro aspetto: quello prometeico. I pochi “buoni” sottratti alla morsa del Leviatano nutrono smodate ambizioni. Il prometeismo dello Schmidt non può professare che degli orizzonti asociali. Ma l’importante è che qui si trovino tutti i requisiti di quella rara avis che è un giovane, un vero giovane, e non uno di quei sepolcri imbiancati che simulano la gioventù attraverso il freddo disordine dei loro giochi verbali. Nello Schmidt il disordine è la colata della passione, il traboccare del furioso processo alla propria vita e ai propri libri e della furiosa esaltazione delle proprie impossibili speranze. C’è un momento nella vita in cui si vede il Leviatano anche dove non c’è e si crede che la terra sia un disco infinito anche quando si sa che è una sfera finita. Questa è la verità dello Schmidt. Certo, il momento dell’adolescenza è soltanto un momento. Ce ne rendiamo conto aprendo il secondo libretto, pubblicato a quattro anni di distanza dal primo. Già la differenza della veste tipografica salta agli occhi. Sul primo, piuttosto dimesso, troneggiava in copertina un orribile mostro di Staudinger, mezzo Bruegel, mezzo Kubin e mezzo Picasso. Il secondo fa parte di una collana “Studio Frankfurt” che è un calco dell’americana “New Direction”, coi medesimi irritanti caratteri “Sparta” (nati per la réclame, essi tradiscono l’immanenza della commercialità nella più esoterica letteratura d’avanguardia). Evidentemente i nihilisti si sono alquanto imborghesiti. In Die Umsiedler [1953] si tratta di due profughi dalla Slesia, un uomo e una vedova di guerra, che traversano il Rheinland e poi trovano una residenza stabile nel paese di lei, dove conversano interminabilmente di amore ed altre cose. Qui l’anarchismo si fissa in modo accademico. Preferivamo lo Schmidt che voleva la città senza uomini a questo che la vuole con pochi uomini comodamente installati: ci sembrava più umanista quell’altro. È ancora tanto abile da introdurre nuove felici varianti dei vecchi spunti, per esempio del motivo antireligioso. Fa piacere vedere che l’anarchico irriducibile non cade in certe trappole cristiano-occidentali, ma la sua ribellione è diventata decisamente prolissa, snobistica, cinica. Ci vedi il cittadino del mondo che si fa fotografare mentre brucia il passaporto, salvo richiederne uno nuovo il giorno dopo per non aver seccature. Si è rifatto la biblioteca: “Ottanta volumi (dopo la prossima guerra saranno soltanto dieci)”. Ahimè: il nichilismo erudito, per mantenersi in efficienza, ha bisogno di nuove prospettive belliche. La stessa decadenza è nello stile, sempre abile, ma questa volta freddamente abile. La faccenda comincia a diventare stucchevole: Paganini si ripete. Possibile che ci siamo ingannati; che anche la violenza verbale del primo Schmidt fosse soltanto uno dei soliti esercizi manieristici? Preferiamo credere di no. In tanta carenza di giovani veri dobbiamo aggrapparci disperatamente ai pochi che ci sembrano tali. Preferiamo continuare a credere che lo Schmidt abbia incarnato, almeno per un momento, la ribellione della genuina “gioventù del mondo” contro la barbarie nazista. Ma se (Dio liberi) non sopraggiungerà un’altra guerra mondiale a ridurre il numero dei libri e a riattivare l’esasperazione anarchica, bisognerà bene che lo Schmidt si adatti alla stabilità e si accorga che ci vuole un minimo di organizzazione anche per combattere il Leviatano. A meno che non si ritiri nell’egoistico menefreghismo malthusiano degli Umsiedler, il quale, come è ormai ampiamente dimostrato, è una delle più salde colonne su cui le tirannie leviataniche instaurano il loro sanguinoso terrore.

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Pezzullo diffamatorio pubblicato da Cesare Cases nel 1954 e riedito in Saggi e note di letteratura tedesca (Einaudi 1963) con la nota: “Quando scrissi quest’articolo partii dal pacifico presupposto che fosse un giovane, impostando tutto il discorso su questo convincimento. Invece è nato ad Amburgo nel 1910”. [Arno Schmidt nacque il 18 gennaio 1914.]

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177 pensieri riguardo “Il pezzullo di db (II) – Puericultura”

  1. il Leviatano saranno 50 pp.
    i Profughi saranno 40 pp.
    come fa a starci dentro
    tutta codesta roba
    che dice C.C.?

  2. Caro “arnonauta” (bellissimo nick!), il problema, forse (e anche senza forse), non è il numero di pagine: il problema vero è che “tutta codesta roba” che C.C. mette dentro (soprattutto in riferimento al Leviathan) proprio “non ci sta” (probabilmente aveva letto “altri” libri e si era un po’ confuso), o, se “ci sta”, è su un piano, se non rovesciato, almeno inclinato rispetto all’asse dell’argomentazione critica (e dei suoi presupposti) che viene sciorinata. “Puericultura”, insomma…

    fm

  3. 1- titolo giusto: “Leviatano o il migliore dei mondi”
    2- tempo: febbraio 1945
    3- luoghi: dal confine polacco alla Neiße (Berlino?! – mai nominata nel racconto)
    4- personaggi: oltre ai citati, la mamma della semiprostituta e 2 giovanissimi SS
    5- dialoghi: tutti col prete, su matematica e teodicea (cfr. titolo)
    6- primo testo letterario tedesco in assoluto sul crollo nazi
    7- premio 1949 della Mainzer Akademie der Wissenschaften und der Literatur dalle mani di Alfred Döblin (≠ Daniele Piombi)
    8- und so weiter

  4. Caro d.bacchetto, quel punto 8-, und so weiter, è veramente inquietante… Cos’altro ha scoperto?

    fm

  5. 8- Erich Kästner era uno scrittore per ragazzi. La filastrocca del trenino (1931) ha una variante tirolese:

    Zwanzig Personen
    in Automobil –
    das ist zuviel
    das ist zuviel

    dunque l’arnenfant…

  6. Die Umsiedler, i profughi. 14 milioni di tedeschi coinvolti in un esodo di massa alla fine deglii anni 40. il sottufficiale disertore del Leviatano ora migra verso l’ovest, nella miseria nera incrocia una vedova che in più ha perduto un piede.e si sopravvive, e si vive. CC, NATO E CRESCIUTO A UN PASSO DA CASA manzoni – a queste cose non ci arriva. non ci arriva proprio, nonostante san Lukacs

  7. C.C. è ennesimamente C[omicissimo], per come imposta il pezzullo, e cioè “alla cazzo”, ma anche quando bellissimamente se la prende con *le belle liste sonanti di nomi* (in effetti nel Leviatano c’è un’enciclopedia intera).
    Su Berlino C.C. non è definitivo nel porla come punto di partenza: suppone. E nella supposizione non è solo. Copincollo il riassunto introducente l’ampio estratto del Leviatano presentato da Andrea Raos su NI:

    *Berlino, 20 maggio 1945. Sotto gli incessanti bombardamenti russi, si riunisce un’improvvisata compagnia composta da un sottufficiale della Wehrmacht allo sbando (la voce narrante), Hanne (suo platonico amore di gioventù, casualmente ritrovata), un pastore protestante accompagnato da moglie e figli, due Hitlerjugend, alcuni anziani e qualche bambino. Insieme si impadroniscono di un treno e tentano di allontanarsi dalla città*.

  8. Molto felice di ascoltare delle voci che dissentono dalle voci dominanti facendo nomi e cognomi non per mera polemica personale ma per la costruzione sempre in fieri di una critica vera, seria, sofferta, reale – e, dato che non guasta, ricca di informazioni.
    ME

  9. @aditus
    un brano come quello di Raos spiega perché Nazione Indiana sia alla frutta (i commenti lì sono sempre meno, e se si toglie la disperata francesina che commenta solo per imparare l’italiano, non raggiungerebbero le 2 cifre).
    ho sfilato dallo scaffale Leviathan, e dunque ora sarò più preciso:
    1- è meno di 30 pagine!
    2- nel L. non c’è poi sto gran sfoggio di nomi
    3- c’è una sola data, a quo, 8 febbraio 1945: la storia (che dura un giorno e una notte) si svolge pochi giorni dopo.
    4- l’io narrante (AS stesso) è un sottufficiale disertore, che scappa dai russi col terrore di finire in mano ai nazi (il racconto termina con lui e la ragazza abbracciati e pronti a buttarsi/annegarsi nel fiume).
    5- i luoghi citati sono Kerzdorf, Ratzenburg, Lauban, Görlitz, Moys, Kuhlfurt, Penzig: tra Slesia e Sassonia, giusto al confine polacco. MA: Achtung

    il primo paesetto citato (in seconda pagina) è Kreuzberg; Cesarino deve aver pensato al quartiere berlinese…

  10. Non ho capito Kreuzberg è pure un paesello oltre che il famoso quartiere berlinese (se si tratta di omonimia insomma).
    Non che la cosa abbia valore, ma solo in una decina di pp. ci sono – come li chiama C.C. – 38 sfoggi di “pesante erudizione”:

    Erostrato
    Schopenhauer 4
    J. W. Dunne
    Hoffman
    Leibnitz
    Klopstock
    Matthias Claudius
    Haeckel
    Boelsche
    Cesare Borgia
    Sir Christopher
    Libanio
    Dante
    Voltaire
    Poe 2
    Pseudo-Dionisio
    Scoto Eriugena
    Almerico
    Davide di Dinant
    Giordano Bruno
    Spinoza
    Goethe
    Schelling
    Nietzsche
    Aristotele
    K. E. Neumann
    il Pellegrino Kamanita
    Pan (dio)
    Orfeo
    Thammuz
    Lino
    Adone
    Harry Haller
    [e per finire] Buddha.

  11. Fulgido esempio di erudizione, Cases messo alla berlina nel 2008 per un pezzo del ’54.
    Cases si espone in presa diretta su un autore di cui in Italia non si sa ancora niente, ed ecco voi prodi, che fate bella figura con 54 anni di vantaggio bibliografico. grande impresa davvero, ammirevole soprattutto la giovanile prosopopea di Aditus.
    Cesarino, come dice db, avrebbe apprezzato, era dotato di notevole ironia, oltre che di una sana curiosità per la letteratura sua contemporanea.
    Domanda: chi era il consulente einaudiano per la germanistica negli anni 60? A chi dobbiamo la pubblicazione degli autori tedeschi in italia, Schmidt compreso?
    Certamente ai commentatori qui sopra. Bravi, bis.

  12. Partiamo sempre dal fatto che sono 25 pp.
    bene, c’è una sfilza di autori citati, poi c’è una sfilza di località, poi una sfilza di personaggi. mettiamoci in più il treno (≠ trenino di Kästner del 1936 ≠ preistoria ≠ nihilismo), che scassatissimo crea problemi anche descrittorii: insomma, questo raccontino o è un pacco o…

    insignito di un premio prestigioso nel ’49, chiunque sfogliasse un quotidiano tedesco aveva la possibilità di venire a conoscenza del Leviathan. figurarsi un germanista o aspirante tale (nel ’54 cases: tesi di laurea su Jünger, iscritto al pci, prof. alle medie, articoli e saggetti un po’ ovunque… dal 57 consulente editoriale Einaudi, dal 59 prof. universitario). l’aspirante normalmente è diligente: qui invece l’aspirante è negligente (Roma per Toma, Kreuzberg per Berlino ecc.), per nulla sanamente curioso, bensì distratto: da che? chissà, forse i crauti, ma forse anche il paraocchi realista-lukacsiano.
    Fino a qui, bisogna distinguere:
    1- il paraocchi va storicamente inquadrato (≠ giustificato)
    2- la morbosa sciatteria condannata sotto qualunque cielo
    ma da qui in avanti, ossia da quando comincia a parlare dei Profughi, il discorso di cases muta, e da sciatto diventa diffamatorio (≠ ironico). se qualcuno vorrà, cercherò di spiegare perché.

    *Cases si espone in presa diretta su un autore di cui in Italia non si sa ancora niente … chi era il consulente einaudiano per la germanistica negli anni 60? A chi dobbiamo la pubblicazione degli autori tedeschi in italia, Schmidt compreso?*
    si espone? eroicamente?
    dobbiamo a cesare? veramente il consulente è pagato dalla casa editrice, e i lettori pagano i libri.
    il discorso di alcor va storicizzato, alcor stessa va storicizzata (e salvata così da una china che la porterebbe altrimenti nel baratro del moralmente abbietto).

  13. tanto per sdrammatizzare (si fa per dire…)

    l’incipit assoluto: della prima opera di un autore (se costui ha stile, vale l’antico adagio: il buon giorno…) – le prime 10 righe del Leviathan sono… in inglese!

    fa pensare all’incipit assoluto del primo LP dei Beatles: ed è subito quiz!*

    *c’è una storia bizzarra, di un coinvolgimento di Schmidt nella versione ted. di She loves you…

  14. Vado a buttarmi subito nel baratro del moralmente abbietto, dove certamente troverò Cases, abbiettamente pagato come consulente dalla casa editrice e perciò stesso non ringraziabile, come tutti gli einaudiani da Pavese a Vittorini, dalla Ginzburg a Calvino, a Baioni ecc. Ognuno abbiettamente legato al suo periodo storico, qualcuno stregato dall’altro deficiente, il Lukacs, vituperio su di lui, che pensavamo una tappa, e invece è il peccato originale.
    E non cito nemmeno le altre orrende case editrici, con i loro Bazlen, i loro Filippini, tutti orribilmente avidi di denaro, tutti dispensatori di errori e inesattezze, valutazioni confutabili, giudizi à la coque, a far loro le pulci.
    Ma sia definitivo vituperio sulle case editrici. E non si capisce davvero perché i lettori comprino, così presi per il naso.
    Mi resta solo il dubbio di come i lettori italiani avrebbero potuto scoprire Schmidt, senza questo pessimo esempio di sciatteria intellettuale ottusamente lukacsiana.
    Ma è una domanda stupida, ci avrebbe certamente pensato db, al quale dobbiamo la nostra conoscenza della letteratura tedesca attuale e passata. E speriamo futura.

  15. Sono al lavoro. Solo il tempo per un saluto e un grazie ad Alcor per essere qui.

    Essendo poi uno dei *commentatori qui sopra*, proverò a *discolparmi* (?!?) stasera…

    fm

    Chiaramente il saluto e il grazie sono estesi a tutti i *nuovi* commentatori, dal signor Yeah ai nobili Rosencranz & Guildenstern (ma non eravate morti?).

  16. Anch’io la penso come Alcor: se non c’erano i consulenti editoriali, come avremmo potuto leggere ad es. Harry Potter?

  17. Leviathan oder Die beste der Welt, 1949
    Gadir oder Erkenne dich selbst, 1949
    Enthymesis oder W.I.E.H, 1949
    Massenbach, Historische Revue (1949/61)
    Brand’s Haide, 1951
    Schwarze Spiegel, 1951
    Die Umsiedler, 1953
    Alexander oder Was ist Wahrheit, 1953
    Aus dem Leben eines Fauns, 1953
    Pezzullo di CC, 1954
    Kosmas, 1955
    Seelandschaft mit Pocahontas, 1955
    Das Steinerne Herz, 1956
    Tina oder über die Unsterblichkeit, 1956
    Die Gelehrtenrepublik, 1957
    Goethe und Einer seiner Bewunderer, 1957
    Fouqué und einige seiner Zeitgenossen, 1958
    KAFF auch MARE CRISIUM, 1960
    Nobodaddy’s Kinder. Trilogie, 1963
    Der sanfte Unmensch, 1963
    Sitara und der Weg dorthin, 1963
    Pacco Einaudi di CC, 1963

  18. quelle di alcor sono proiezioni preoccupanti: dopo di quelle, normalmente si cominciano a sentire le voci. i fatti dunque:

    nel 1965 esce per Einaudi Alessandro o Della verità (4 racconti: oltre ad Al, Gadir,Enthymesis e Cosma), l’unico libro tradotto in Italiano fino al 1991 (ed. illegale Linea d’ombra). il traduttore, Emilio Picco, costretto nel 1960 dal centro Th. Mann di Roma (totalmente finanziato dalla DDR, con CC in prima fila) a tradurre poesie di Becher, neo-defunto ministro DDR, si rifiuta e resta senza lavoro. Nel 1963 CC riedita in gran spolvero Einaudi l’indegno pezzullo: come dire, ha tirato la volata al libro del ’65?
    nel 1967 esce il n. 9 del Menabò, dedicato alla letteratura tedesca: dal n. 7 in poi la redazione è internazionale: Calvino e Vittorini, Blanchot e Mascolo, Enzensberger. il n. 9 è curato da quest’ultimo, e qui finalmente esce il Leviatano in italiano, non obstantibus.
    poi ci sarebbe il fattaccio dei Profughi…

  19. Grazie João, mi sa che hai svelato l’arcano: il pezzullo del 1954, in effetti, è opera del nonno di Lorenzo! Adesso si spiega veramente tutto…

    Aditus, la prego, mi consenta, si contenga: la sua è istigazione continua…

    Viky cara, è un vero piacere averti qui, sei una vera miniera…

    fm

  20. Viky, se hai modo di sentire db, chiedigli se ha presente il saggio “Vicende e problemi della cultura nella DDR”. E’ del 1958 (aut tempora/aut mores). Ma forse è meglio che non gli chiedi e non gli dici niente: quello è capace di aprire un altro filone e di partorire un altro pezzullo cesariano.

    Meglio qualcosa sulla fatwa benjaminiana contro la neue sachlichkeit e “l’anima buona” del veltroniano Kästner.

    fm

  21. M. MARTINI, “La cultura all’ombra del muro. Relazioni culturali tra Italia e DDR (1949-1989)”, Il mulino 2007, riporta la lettera di Picco.

  22. Credo che Alcor stia meditando e che presto ci riserverà qualche (bella) sorpresa. L’ho sempre pensata, leggendola, fedele a questa semplice, elementare verità: “Le discussioni hanno solo questo di positivo: che in seguito vengono alla mente buone idee”. (A.S., Dalla vita di un fauno, 1953).

    fm

  23. *C’è un momento nella vita in cui si vede il Leviatano anche dove non c’è. Questa è la verità dello Schmidt.*
    Arno scrive di quello che gli è successo all’inizio del ’45. secondo CC prende lucciole per lanterne, vede nero quando è rosa. domanda: dov’era CC all’epoca per vedere rosa il nero?

    *Certo, il momento dell’adolescenza è soltanto un momento. Ce ne rendiamo conto aprendo il secondo libretto, pubblicato a 4 anni di distanza dal primo.*
    l’adolescente 36nne diventa adulto a 40…

    *Già la differenza della veste tipografica salta agli occhi. Il secondo fa parte di una collana “Studio Frankfurt” che è un calco dell’americana “New Direction”, coi medesimi irritanti caratteri “Sparta” (nati per la réclame, essi tradiscono l’immanenza della commercialità nella più esoterica letteratura d’avanguardia). Evidentemente i nihilisti si sono alquanto imborghesiti.*
    il critico critico prende Roma per Toma, però le copertine le sa leggere (a meno che non fossero a rovescio). L’autore s’è imborghesito: il critico di via Montenapoleone s’è intanto proletarizzato? mah…

    *In Die Umsiedler si tratta di 2 profughi dalla Slesia, un uomo e una vedova di guerra, che trovano una residenza stabile nel paese di lei, dove conversano interminabilmente di amore ed altre cose. Qui l’anarchismo si fissa in modo accademico. Preferivamo lo Schmidt che voleva la città senza uomini a questo che la vuole con pochi uomini comodamente installati: ci sembrava più umanista quell’altro.*
    era meglio sfigatissimo, sull’orlo del precipizio: adesso s’è imborghesito, cerca casa! CC ce l’aveva? [la città senza uomini sarebbe poi la brughiera slesiana…]

    *la sua ribellione è diventata decisamente prolissa, snobistica, cinica. Ci vedi il cittadino del mondo che si fa fotografare mentre brucia il passaporto, salvo richiederne uno nuovo il giorno dopo per non aver seccature.*
    questa è una vigliaccata che merita un discorso a parte

    *Si è rifatto la biblioteca: “80 volumi (dopo la prossima guerra saranno soltanto 10)”. Ahimè: il nichilismo erudito, per mantenersi in efficienza, ha bisogno di nuove prospettive belliche.*
    cioè AS è un guerrafondaio, poiché solo nella guerra può trovare ispirazione…

    *La stessa decadenza è nello stile, sempre abile, ma questa volta freddamente abile. La faccenda comincia a diventare stucchevole: Paganini si ripete. Ma se (Dio liberi) non sopraggiungerà un’altra guerra mondiale a ridurre il numero dei libri e a riattivare l’esasperazione anarchica, bisognerà bene che lo Schmidt si adatti alla stabilità e si accorga che ci vuole un minimo di organizzazione anche per combattere il Leviatano. A meno che non si ritiri nell’egoistico menefreghismo malthusiano…*
    un senza tetto (come milioni di altri) che cerca disperatamente un posto sarebbe dunque egoista-menefreghista-malthusiano? dov’eri, cesarino, dove?

    *il quale [menefreghismo], come è ormai ampiamente dimostrato, è una delle più salde colonne su cui le tirannie leviataniche instaurano il loro sanguinoso terrore.*
    i senza tetto, coi loro bisogni, sono lo zoccolo duro delle tirannie nazi sanguinarie: ampiamente dimostrato?!

  24. Caro db, credo che tu e Arno vi siate ampiamente meritati questi versi (è un’anticipazione di un post che pubblicherò a breve: c’è solo da soffrire qualche giorno ancora). L’autore è Sergio Baratto.

    fm

    Kronštadt 8 marzo 1307

    […]

    Dire a Dolcino che s’armi
    rinforzare le bocche di fuoco su Oranienbaum
    alle donne alle lavoratrici un abbraccio
    alle loro caviglie un bacio
    alle conchiglie delle loro orecchie
    non esistono labbra più dolci
    oggi è l’otto marzo e nevica
    i Rossi bombardano il burro è finito
    Ave Margarita Dulcinus vale
    nessuna speranza nessuna resa
    domani i crociati attraversano il pack
    aspetto il vescovo sui bastioni gli urlerò
    Raniero dei miei coglioni
    se ho culo faccio in tempo a piantargli
    una palla in mezzo agli occhi

  25. ecco il colpo d’ala che fa volare il cappellino del critico sulle 23!
    ‘sto baratto s’ha da fare (lessi qualcosa di lui assai più freddo, ma egualmente pungente).
    quanto al *Ci vedi il cittadino del mondo che si fa fotografare mentre brucia il passaporto, salvo richiederne uno nuovo il giorno dopo per non aver seccature.*: nel ’54, mentre CC insinuava ironicamente (?!), Arno cercava disperatamente di piazzare il suo Pocahontas appena scritto. pochi mesi dopo ci riuscì, in una rivista. pochi mesi dopo ancora, si beccò una denuncia per pornografia+vilipendio della religione, e dové emigrare, da un Land a un altro più liberale. figlio di una guardia giurata, fece sempre la fame (il momento più buio quando gli pignorarono il tandem, a lui e alla moglie: l’unico loro bene [im]mobile). Certo che Th. Mann… Gadda no, per carità!

  26. Uncle Arno on the cover of Der Spiegel, May 13, 1959

    come si vede, nel ’59 Arno occupava la copertina di Der Spiegel: come ora Saviano con l’Espresso – e ditemi allora quanto si dovrebbe esporre un consulente italianista della Suhrkamp per consigliare Saviano alla sua casa editrice. il fatto è però che non è affatto certo che CC abbia consigliato all’Einaudi lo Schmidt.

  27. Sì db, Baratto punge, punge davvero…

    Appello @ Aditus

    Non è che mi hai preso in parola e ti stai “contenendo” un po’ troppo? Mica sei un “dipendente pubblico”!
    (Te lo ricordi il Nanus ridens ridens, l’ultimo anello della devoluzione etica della specie, nel suo duello televisivo contra illum Santorum?)

    fm

  28. anche a me interess*a la faccenda dell’lp. e a alcor vorrei dedicare un mio incipit:

    affacciati alla finestra amore mio

    *scusate se ho la lisca

  29. e l’incipit l’incipit… ma la chiusa? eccola

    …………………………………
    (Una volta, molto lontano, un sordo brontolio, come di terremoto. A lungo. Come un gigantesco attacco aereo. Dresda? Dio passeggia su tappeti di bombe).

    Verso mezzanotte apparve nel ciclo uno spicchio di luna: II volto di lei si fece subitamente grigio – chiaro e rigido. – La neve veniva giù stridendo cadenzata. Bussarono alla porta: il fuochista: «Tutti fuori! A spalare!» Mi tirai su con le gambe rattrappite, le spinsi addosso un po’ di paglia, saltai giù per la porta nell’argentea superficie: e tutti piagnucolano nella gelida notte. A volte le rotaie luccicavano azzurre; brina incrostava le leve degli scambi. Menammo colpi e spalammo intorno alle ruote, spossati guardammo alla nuvolaglia madreperlacea, angolose lettere cubitali spiccavano nell’ombra sulla torre di controllo.
    II gelo, il gelo. Con mani di marmo scavammo intorno all’acciaio raggiante. Pulviscolo di neve pungente ci fluttuava intorno al naso e alla bocca. L’avrei guardata da palpebre d’argento. Il vecchio mi precipitò contro la spalla; me lo issai nel carro.
    Tardi. Tardi: La luna abbagliava nella corsia di pioppi.

    Voci si consultavano di sotto. In silenzio accostai il tondo del viso alla fessura. I ragazzi stavano appoggiati ai Panzerfäuste, uno diceva:« Se ne facciamo partire due contemporaneamente, salta per aria tutta la baracca, compresi i traditori ed i pacifisti…» (Pacifisti: questa per loro è la più grave ingiuria, e il popolo urla «Heil!») Estrassi rapido la pistola, tolsi la sicura, presi la mira appoggiandomi allo stipite della porta. L’altro ci pensò su; poi fece (oh, ponderato, accorto, lui, – càspita, che maturità!): «Dentro, però, ci sono anche i due soldati, uno, poi, è ferito!» Pausa. «Ma uno spavento bisogna farglielo prendere, a quei vecchi stracci», decise il primo. «Senti: ne spariamo due contro la stazione! Vedrai che fifa…!» L’altro ridacchiò approvando, divertito. Si misero al riparo, alzarono le canne, fecero scattare. Schianto e colpo furono immensi. Tronfi, caricarono in spalla i loro arnesi e si allontanarono a grandi passi marcati, da bullo. I vincitori. (Una pietra della facciata sbriciolata ha sfondato alcune assi del carro. Nello spazio angusto si è mezzo assordati).

    Ore 6,18: Tutto finito.
    Ci rimettemmo in moto, qualche centinaio di metri soltanto, fummo sùbito sul viadotto. Rimbombava. Meno male che andavamo così adagio. Alti sopra il fiume. Ecco che di colpo il carro ebbe uno strattone in avanti. Si fermò nuovamente. La parete anteriore scoppiò. Tutto accadde così repentinamente. Ci affrettammo a scendere, con prudenza: davanti a noi mancava l’arcata del ponte. La locomotiva pendeva di sbieco sull’abisso (e alle nostre spalle lo spacca-traverse ha sbriciolato ogni cosa!!), fuoco si sprigionava dalla caldaia schiantata, e subito cominciarono a cantare nell’aria granate (che bei bersaglio, vero?!) Arretrarono a tastoni (strillando nell’oscurità ululante), lungo il gigante privo di parapetto. (Uno deve essere precipitato, perché un urlo volò come un lampo verso il basso). Ecco: una merlata torre di fuoco si levava, ruggendo, all’altra estremità. Noi (Hanne ed io. Noi), istupiditi (con il cuore in gola), ci infilammo nel vagone. I demoni d’acciaio strillavano ed esultavano intorno a noi, sopra di noi, sotto di noi. Più volte ancora i colpi scoppiarono alle nostre spalle, e ad un certo punto ci fu una scossa, come se crollasse tutta una montagna (e scrosciare di acque gorgogliami ).

    Ore 7,00: Gelida nebbia sale fluttuando dal burrone. (Hel, l’inferno d’acqua). Ancora non rischiara.

    Ore 7,10: Stato fuori, inciampando. Appoggiato a qualche macigno, nei vapori di ghiaccio. A non più di otto passi dallo spacca-traverse, sbadigliava tacita la voragine di nebbia. Alzai due pietre dalla massicciata; ne lanciai una oltre il bordo; non fece neppure giù; tutto rimase in silenzio, impenetrabile all’occhio. L’altra la brandii con pugno di selce; con un sibilo sordo si allontanò verso l’altra sponda. Tesi l’orecchio: nulla. Annuii con il capo, assurdamente, con aria di mistero. Bene, bene. Me ne tornai indietro; mi arrampicai dentro la carcassa del vagone. Dissi a Hanne: «Anche dietro è crollato. Siamo soli; sospesi qua su, in mezzo al fiume». Soffiò col naso, contrariata. Fece segno con il piede, davanti a sé: «Sta morendo…», disse, e corrugò la fronte. A gambe larghe traversai la prima falda di grigiore. Il vecchio sedeva appoggiato rigidamente alla parete di legno, rantolava. Mi guardai intorno: nel carro non c’era rimasto più nessuno. Tirai fuori la destra dalla tasca, gliela poggiai sulla spalla magra. Gli occhi si aprirono: erano ancora limpidi. Mi guardò fermamente; la bocca grigia gli si fendette, appena un poco, faticosamente, le sopraciglia si torsero: «Il Leviatano…» fece rocamente, tirò su (con un ghigno divertito) un angolo della bocca: « …non è eterno…?» Hanne mi era venuta accanto; il mio cappotto avvertì la manica della sua pelliccia. Mi sentii macilento, svuotato, vecchio di secoli (come Harry Haller), risposi a quel coraggioso: «La sua potenza è enorme, ma limitata. Quindi anche la durata della sua esistenza». Aspettai. I suoi occhi si chiusero un momento, stanchi, con gratitudine: aveva capito. Parlavo in fretta: «Buddha. Insegna un metodo per evadere. Schopenhauer: negazione della volontà. Entrambi affermano dunque la possibilità di opporre la volontà individuale alla mostruosa volontà totalitaria del Leviatano, cosa che, considerata la differenza tra le due grandezze, sembra tuttavia per il momento del tutto impossibile, almeno fino a quando gli esseri spirituali si troveranno a “livello uomo”. Però può darsi che la Bestia si dissolva in tanti “diadochi” (presentimento cristiano nella rivolta di Lucifero; per converso, Jane Leade vorrebbe unirsi con tutti i Buoni in una forza magica operante e rinnovare cosi la Natura, ripristinarla a paradiso… È una meta: la ribellione dei Buoni), e questi a loro volta in unità sempre più piccole, fino a che il “Buddismo” diventi un fatto veramente possibile, e con ciò tutto il complesso di queste forze si elida a vicenda. – Ma forse ci sono anche altre vie…» Mi guardò dapprima angosciato, s’arrovellava; i suoi occhi si fecero di gufo, fumosi… oh: una scintilla. Sussurrò: «Bene». La testa, alta, gli si accasciò in avanti. Del tutto tranquillo, staccando i suoni, sentimmo che diceva: «Bene…» – Allora mi rialzai.

    Ore 8,20: Arrossiamo nella luce. Oh, greasy Joan.

    Fine: Infileremo la porta rossastra, coperta di brina. Fra veli d’oro starà in agguato il diabolico sole d’inverno, rosa pallido, una gelida sfera. Ella spingerà avanti il mento, aguzzerà le labbra, sbarazzina, solleverà i fianchi per dare lo slancio. Impietrito, io la cingerò con il braccio.
    Ecco, ora butto via il quaderno: vola! Brandelli.

  30. Avevo colto il riferimento al Nanus, e il mio contenimento è in realtà un’attesa (spero gravida) di qualche boccone:
    Schmidt volse She loves you? Come? Quando? Perché?

  31. Non so se valga la pena di rispondere alle illazioni di db, che mi pare troppo livoroso, per accettare una pacata discussione. Tuttavia mi sento tenuto a precisare alcuni punti.

    1) Non ha senso, anzi è paradossale attaccare Cases a proposito di Schmidt (sarebbe come attaccare Filippini a proposito di Uwe Johnson), semplicemente perché in una recensione, contrariamente all’uso attuale di “accettazione unversale”, ne mette in evidenza non solo i pro ma anche i contra: di fatto Cases è l’unico italiano, per decenni, a interessarsi a Schmidt, ad apprezzarlo e ad adoperarsi perché venga tradotto. Occorrono prove? Vediamole.

    2) Dalle carte dell’archivio Einaudi risulta che Schmidt già negli anni ’50 è uno degli autori più caldamente appoggiati da Cases, accanto a Brecht e al vituperato Becher, ma anche a Wolfgang Koeppen, Hermann Broch e Paul Kornfeld. Schmidt è anzi uno dei primi autori da lui segnalati all’Einaudi, nel 1954: la prima opera proposta è proprio Leviathan. È probabile che sia stato l’editore a chiedergli un parere su Schmidt – a metterlo cioè per la prima volta in contatto con questo autore –, ma è fuor di dubbio che il parere sia stato positivo, dato che in seguito Cases: suggerisce di tradurre, Alexander, Aus dem Leben eines Fauns e Brand’s Heide; fa acquistare i diritti di Die Umsiedler, Seelandschaft mit Pocahontas, Die Gelehrtenrepublik; e ancora nel 1967-68 propone di fare Kaff oder Mare Crisium, che considera una sorta di “enciclopedia” dei temi e stili di Schmidt, e “forse la sua cosa migliore”.

    3) Il problema principale, che ha fatto sì che Einaudi abbia pubblicato “solo” i quattro racconti di Alessandro o della verità (ristampandoli, perfino! – quale editore lo farebbe oggi, oltre Lavieri?) e Il leviatano sul «Menabò» è che non si trovava un traduttore adeguato. A incaricare Emilio Picco è, peraltro, lo stesso Cases. A proposito dell’esigenza “storicizzare”, faccio notare che la prima traduzione integrale dell’Ulisse è, se non erro, del 1960: e stiamo parlando di Joyce (non dello sconosciuto Schmidt) e dell’inglese (non dell’assai meno frequentato tedesco). Inoltre i tempi di traduzione, per Schmidt, sono lunghissimi: a metà anni ’60 Picco rifiuta di fare la Gelehrtenrepublik, perché la vicenda si svolge nel “futuro” del 1970, e teme di non farcela prima della “scadenza”.

    4) L’altro problema, speculare, è che nell’Italia di quegli anni mancano i lettori, per una scrittura come quella di Schmidt: ma grazie al cielo l’Einaudi non faceva le sue scelte solo in base al mercato, altrimenti non avrebbe fatto neppure Alessandro.

    Sulla base di tutto questo dovrebbe apparire evidente che la recensione a Leviathan – che è credo la prima cosa su Schmidt apparsa in Italia – non è affatto una stroncatura ubbidiente ai pregiudizi della più schematica critica marxista, ma al contrario il tentativo di far passare Schmidt in Italia nonostante quei pregiudizi, che Cases aggira ricorrendo all’ironia. (La recensione è, allo stesso tempo, un saggio e una parodia della critica marxista allora corrente: in questo misto di adesione e distacco, mi sembra, sta il meglio del suo atteggiamento critico).

  32. l’unica illazione che posso aver fatto in tutto il thread è:”non è certo che sia stato Cases a consigliare all’Einaudi” ecc. (Nel mio vocabolario personale, questa non è un’illazione, ma una domanda obbligata.) Ora i casi sono due: o le notizie specifiche su Casa Einaudi che luomobuono meritoriamente riporta sono desunte dal libro della Mangoni (che non ho sottomano: basta guardare l’indice dei nomi), e allora faccio ammenda perché erano desumibili da me stesso; o luomobuono ha fatto una ricerca lui all’Archivio di Stato torinese, e allora sarà buonissimo copincollandoci qualche sua scheda.
    dopodiché: aperto il dibattito! (come diceva luomobenigno)

  33. Avviso (di servizio) ai naviganti.

    Commentate pure, sempre, col nome che meglio vi aggrada o che meglio esprime le vostre “vite parallele” (alcuni sono geniali; con Loredana B. che rimanda a un saggio di M. Martini, siamo già nel campo del sublime!!!), ma non dimenticate di usare un indirizzo veritiero (tanto, nessuno lo leggerà mai). In caso contrario, wordpress vi scaraventa direttamente nel bidone aspiratutto, e io non posso passare la vi(le)da a frugare nella pattumiera (anche perché non è detto che si riesca sempre a “recuperare”).

    Grazie.

    A plù tàr (co).

    fm

  34. dunque prendiamo per buone e con piacere le primizie del buonuomo: riassumendo

    1954– esce il pezzullo sul Leviatano

    1954 – CC propone a di far tradurre il Leviathan.

    19?? – propone di far tradurre Alexander, Aus dem Leben…, Brand’s Heide

    19?? – fa acquistare i diritti di Umsiedler, Seelandschaft…, Gelehrtenrepublik

    1963– esce CC, Saggi e note di letteratura tedesca (col pezzullo paro paro)

    1965- esce G. Lukacs, Il romanzo storico, introd. di CC

    1965- esce Alessandro

    1967 – propone di far tradurre Kaff oder Mare Crisium.

  35. cosa buona sarebbe se il buonuomo precisasse le 3 date mancanti (anche se le schede editoriali a volte non sono datate, si può arguire all’incirca).

    il paragone con Joyce non regge (a parte la difficoltà diversa di trad.: Schmidt non è così difficile da tradurre né da leggere quanto JJ).
    L’Ulysses uscì nel 1922, pochi mesi prima della marcia su Roma: da allora fino al 1945 non se ne parla… oltre 700 fittissime dell’ed. Mondadori del 1960 richiedevano almeno un decennio di lavoro traduttorio

  36. Faccio qualche considerazione, prendendo spunto dall’intervento di “luomobuono” (sicuro, db, che si tratti proprio di un uomo?).

    Io non credo, innanzitutto, che argomentare criticamente (anche con ironia e sarcasmo, perché no?) intorno a un testo di qualsivoglia genere, equivalga, “naturalmente”, a sminuire il valore dell’autore: dello studioso C.C., in questo caso: un valore ampiamente riconosciuto e pacificamente accettato da tutti. Chi non gli è debitore di “qualcosa” nell’ultimo mezzo secolo, fosse anche la scoperta di un autore? Chi non si è confrontato negli anni con gli apparati critico-ermeneutici del “nostro” e della tradizione alla quale si è lungamente richiamato? Chi potrebbe negare di aver tratto dalla sua produzione saggistica spunti di rilievo o di essersi formato proprio a quella scuola? Io do per scontato tutto questo. E, per rafforzare il concetto, aggiungo che ieri sera, sfogliando “Il testimone secondario”, e rileggendo taluni saggi presenti nel volume (continuo a ritenere genialmente esemplare, ad esempio, anche in qualche passaggio ambiguamente contraddittorio, l’impostazione della “Introduzione a De Martino”, tanto per citarne uno; o splendidamente e sottilmente venati di autocritica gli scritti dedicati a Benjamin), l’impressione ne è uscita ancora una volta (ri)confermata.

    Detto questo, e tornando allo specifico del “pezzullo” su Schmidt (perché “tale” è: pensato male, e scritto ancora peggio: come se l’autore avesse appena sfogliato in libreria i due libri di cui parla, in tutta fretta, preoccupato di non perdere il tram sull’altro marciapiedi), non posso non chiedermi alcune cose…

    Come mai, visto che, a detta di “luomobuono”, C.C. ha praticamente traghettato A.S. in Italia, si è fatto portatore dell’esigenza di tradurlo e sdoganarlo, e si è ampiamente battuto perché ciò avvenisse, riconoscendo il valore implicito dell’autore tedesco, già ampiamente riconosciuto in patria, e non solo, gli ha poi dedicato in tutta la sua vita di studioso (a quanto mi risulta, ma posso benissimo sbagliarmi) la miseria del pezzullo (giustamente) smontato da db?

    “Il testimone secondario” – Saggi e interventi sulla cultura del Novecento – è un librone di cinquecento pagine, una vera summa del C.C. pensiero: come mai nelle 473 pagine di testo Arno Schmidt non compare mai (!), nemmeno nelle note o in qualche riferimento di sghimbescio? E’ o non è un “protagonista” della cultura letteraria del Novecento? Uno per il quale si smuovono mari e monti all’Einaudi d’antan?

    E poi, “livore”: dove sarebbe il “livore” in chi porta documenti precisi a sostegno della sua critica? E’ livore credere che in “questo” caso (e, ripeto, in *questo*) la pregiudiziale antianarchica di matrice lukacsiana ha avuto il sopravvento, rendendo sfuggente, al limite dell’inafferrabile, l’oggetto di una possibile attenzione?

    fm

  37. “sono fatto in modo che posso scrivere solo se mi eccito contro qualcuno”.
    Cases a Lukàcs, Roma 20 giugno 1964

  38. 19?? – fa acquistare i diritti di Die Umsiedler

    siccome l’uomobuonino latita, cerco io di colmare la lacuna per via ipotetica.
    non può essere attorno a ridosso del 1954, anno del pezzullo, ché altrimenti la scheda avrebbe suonato paradossale: “testo stucchevole, snobistico, menefreghistico ecc., ergo da acquistare”
    non può essere nemmeno fino al 1963, ché altrimenti non avrebbe inserito il pezzullo nella silloge “Saggi e note..” (o almeno nella nota in cui dichiara di aver cannato l’età di Arno avrebbe aggiunto di aver cannato anche sul giudizio).
    siccome però nel ’65 esce grazie (ancora grazie, grazie mille direbbe alcor) a lui esce Alessandro, ne deduco che il consiglio d’acquisto dei Die Umsiedler sia da datare tra il ’64 e il ’66.

    C’è però da aggiungere che di certo nella pubblicazione del Leviatano sul Menabò n. 9, 1966, CC non c’entra affatto, per le ragioni che ho esposto ieri: e questo compica il quadro.

  39. lo studente B. mi ha portato consiglio (però se si laureasse sarebbe meglio).
    stanotte mi sono sfogliato CC, Su Lukacs con l’acuto sulla a, Einaudi 1985, e tutto si è risistemato con logica semplicità.

    1- non consiglio a nessuno di leggere il cap. Omaggio a L, apparso nella primavera ’56 ristampato come il nostro pezzullo in Saggi e note… del ’63 e qui nell”85 infine (nelll’introduzione, CC afferma di avere scartato 3 testicoli perché apologetici: figuriamoci cosa devono essere stati, se questo Omaggio non lo è!)

    2- prefa(ce)ndo il carteggio suo con L, CC viene a dire che sino al ’64 lui, sulla scorta di L, arrivava a capire sino a Th. Mann, e che solo dal ’64 in poi, grazie ad Adorno, incominciò ad apprezzare i nihilisti (così li chiama) Kafka e Beckett, scontrandosi epistolarmente con L.

    applicando questa griglia ai dati forniti dal buonuomo, ne risulterà quanto basta.
    (in rete girano larve d’altre epoche che si offendono se si dice che CC aveva nel ’54 i paraocchi realistico-lukacsiani, quando una generazione fa l’interessato stesso già affermava di averli avuti fino al ’64…)

  40. Non ho sottomano le date che db mi chiede, ma non credo ce ne sia bisogno. Le “primizie” già postate mi sembra dimostrino, se non che CC stravedesse per AS, quantomeno che non gli fosse affatto ostile. Anzi. Per me basta leggere come si deve il “pezzullo”, che è evidentemente tutto costruito in modo da scagionare Schmidt dalle possibili accuse della critica ortodossa. Provate a rileggere: CC enuncia un argomento, e poi scrive “però”, “non dimentichiamo che”, “in favore dello Schmidt”…

    Sulla valenza politica di AS: “Arno Schmidt ci mostra che l’esistenza di un enfant terrible, animato da sentimenti eversivi contro ogni autorità e contro le forme tradizionali, eppure (incredibile a dirsi) sincero, è ancora possibile”.

    Sull’erudizione di AS: “È vero che questa cultura è usata in buona parte in funzione formalistica, estetizzante […] Però qui ha anche una funzione positiva, che non aveva nemmeno in Joyce: non è soltanto un’eco, ma una promessa”. (Dal che si potrebbe perfino indurre che – secondo CC – AS è meglio di Joyce).

    Sull’antifascismo di AS: “L’esperienza fondamentale dello Schmidt è il nazismo, per cui egli prova un orrore profondo e genuino, rarissimo, ahimè, tra i tedeschi d’oggidì”.

    Sul “semplicismo” politico di AS: “Non dimentichiamo però che se questo semplicismo è un errore, è un errore ingenerato da una violenta, incontrollata reazione alla dittatura nazista, e quindi un errore che può essere benefico. Per un giovane cresciuto in un’epoca in cui si mirava a rimbecillire e abbrutire la gioventù, è anzi quasi il massimo che si possa pretendere dalla spontaneità dell’individuo.”.

    Sulla gioventù (come valore positivo) di AS: “In favore dello Schmidt non militano soltanto delle pure e semplici attenuanti sociologiche. C’è nel suo anarchismo qualche cosa di profondo e di indistruttibile: il momento dell’indignazione giovanile, della piena del cuore ferito”.

    Poi seguono alcune righe di critica, che però CC si rimangia: “Preferiamo continuare a credere che lo Schmidt abbia incarnato, almeno per un momento, la ribellione della genuina “gioventù del mondo” contro la barbarie nazista”.

    Più chiaro di così! Gli argomenti possono essere errati (la gioventù di Schmidt), ci possono essere imprecisioni (Berlino? Kreuzberg?) e un sacco di altre magagne. Ma non si può non vedere che NON è un pezzullo “diffamatorio”. Persino gli errori interpretativi (Schmidt giovane) sono riconducibili all’intenzione di parlare pro Schmidt. Insomma: semplicemente, il “pezzullo” NON è una stroncatura. E non lo diventa nemmeno nel 1963. Quelli che ci stiamo ponendo sono falsi problemi.

    Non mi interessa difendere CC a tutti i costi – sulla sua valutazione di Gadda ad es. si può discutere – ma credo che sia un atto di cattiva coscienza pretendere di più dal primo articolo su Schmidt mai apparso in Italia. (Faccio presente che la bibliografia italiana su AS non è cresciuta granché, negli ultimi sessant’anni, e anche le traduzioni non sono andate molto oltre quanto fatto da CC).

    Che CC fosse un “lukacsiano” almeno fino al 1962 è indubbio. Che preferisse forme di scrittura “realistica” e contenuti politici allo sperimentalismo linguistico, è altrettanto indubbio. Che fosse diffidente nei confronti di Kafka, Joyce e anche dello stesso Brecht, è vero. Ciononostante il gusto di CC era evidentemente molto più “aperto” di quanto non si voglia vedere oggi. Appena entrato all’Einaudi suggerisce di fare Schmidt, e pochi anni dopo Wolfgang Koeppen. Mi pare che nessun altro, allora, abbia fatto altrettanto.

    Che poi non ritenesse AS “un protagonista della cultura letteraria del Novecento” e che non “smuovesse mari e monti” per farlo fare all’Einaudi – perché mai rimproverarglielo? Abbiamo tutti interessi molteplici, ed evidentemente AS non era il principale interesse di CC. Peraltro sono molti gli autori amati e segnalati da CC che l’Einaudi non ha mai pubblicato (a cominciare da Karl Kraus) e molti sono narratori “realistici” che lo stesso Lukács avrebbe apprezzato (Kornfeld, Krauss, Kästner): almeno Schmidt, anche se con ritardo, è stato fatto. Mi sembra che riguardo ad AS, Cases abbia fatto la sua parte, e che non sia da annoverare tra gli avversari di Schmidt ma tra i suoi fautori.

    “La pregiudiziale antianarchica di matrice lukacsiana ha avuto il sopravvento, rendendo sfuggente, al limite dell’inafferrabile, l’oggetto di una possibile attenzione”? Senz’altro, per CC, Schmidt era un autore dal quale diffidare politicamente (ma lo era anche Brecht, e lo era anche Thomas Mann, se vogliamo dirla tutta). Ma questo non implica necessariamente una valutazione estetica sfavorevole. Certo, se guardiamo Schmidt con gli occhi di oggi, che siamo disposti a godercelo come “oggetto di una possibile attenzione” (notate anche il linguaggio, che usiamo!), Cases avrebbe potuto scrivere un pezzullo più informato, e pacato, e obiettivo. Ma se lo guardiamo con gli occhi di allora, io vedo solo che Cases è stato l’unico a parlarne, e a parlarne bene.

  41. saluto con piacere l’uomobuono, e copincollo il De Mauro per comodità

    diffamatorio: (di discorso, articolo) calunnioso, denigratorio; Contrari apologetico, elogiativo.

    sostenevo e sostengo che il pezzullo è diffamatorio, precisamente nella parte riguardante i Profughi, dove l’argumentum, da latentemente, si fa palesemente ad personam (indipendentemente che CC abbia sbagliato persona, almeno per l’età.

    m’è giunta voce per telematia che Alcor s’è sdegnata perché ho chiamato CC cesarino: che diamine, con uno che chiama Arno Arnetto (adolescente ecc.)…

    NB l’allontanamento da L è fissato da CC nel 64-65 (e con cautela: scrive a L che in tal frangente va bene anche il nihilismo Kafka e Beckett, ma presto si tornerà al realismo vero. È un caso poi che nello stesso anno in cui CC introduce “Il romanzo storico” di L fa tradurre i 4 racconti storici di AS (ambientati in epoca ellenistica), sicuramente minori nella produzione complessiva di AS all’altezza del 1965?

  42. occhio alle date: per passare dal ’54 al ’64 (da L a Adorno, per intenderci) CC ha fatto passettini intermedi, ovviamente. elenco quelli che so:

    inizio 1951: CC si iscrive al PCI

    1953: intr. di CC a L, “Il marxismo e la critica letteraria” + articolo su L (definito da CC “apologetico”) nel Notiziario Einaudi

    1954: pezzullo su Arno S su Lo spettatore d’Italia

    21 aprile 1956: “Omaggio a L” sul Contemporaneo (articolo stalinista puro)

    4 giugno 1956: il N.Y. Times pubblica il rapporto Krushev su Stalin

    4 novembre 1956: invasione sovietica dell’Ungheria, L (fatto poco prima ministro della cultura) spedito in Romania

    1957: CC lettore all’università di Lipsia, DDR (prime resipiscenze)

    inizio 1958: esce “Marxismo e neopositivismo”, (scritto almeno un anno prima) canto del cigno zdanoviano di CC

    fine 1958: CC abbandona il PCI

    1962: conflitto cino-sovietico

    1963: CC ripubblica pezzullo + omaggio in Saggi e note…

    1964: CC è filocinese & adorniano

  43. un articolone di Cases contro il liberal-socialista Calogero su “Società” dell’aprile 1956. Calogero aveva proposto una riforma della scuola senza spesa: conoscenza come discussione. Cases dice che è roba anglosassone, che le uniche scuole valide in Italia sono quelle di partito, e en passant, per esemplificare la necessità/validità del rigore: “Voltaire e Stalin sono usciti dalle scuole dei gesuiti, e il primo (che dovrebbe essere caro anche ai liberali) fu sempre grato ai suoi gesuiti”.

    sempre caro mi fu ques’ermo stalin…

  44. Mi ero dileguata perchè ho preso un treno, cosa che aditus sapeva, per altro.
    Appena tornata vedo che luomobuono dà a Cesare quello che è di Cesare, e tanto mi pare che basti, almeno a me.
    Vi saluto caramente.

  45. Ringrazio “luomobuono” per i suoi contributi a questo thread e spero di rivederl* spesso da queste parti.

    @ db

    Ti rendi conto che ti stai giocando ogni residua possibilità/speranza di entrare a far parte della segreteria di Ferrero?

    fm

    p.s.

    Alcor tornerà solo se scrivi un pezzullo vs Manganelli (ma a quel punto saremo almeno in due vs db)…

    Perché non raccogli il grido di dolore di Aditus (Arno loves you), visto che il prode yeah si è eclissato?

  46. Scusa Alcor, ho scritto a commenti oscurati…

    Ne approfitto per salutarti e augurarti buone feste.
    Grazie per le tue visite.

    fm

  47. l’uomobuono dice di leggere “come si deve”, e finisce con “più chiaro di così!”: sarà, ma a me la sua spiega ha fatto venire il mal di testa – a meno di non ipotizzare un CC nicodemita/gesuita (in un’Italia libera, vivaddio! – cancella vivaddio).

    la prima parte, non diffamatoria, è un discorso standard da stalinista a anarchico (stupidino, non capisce che c’è il potere buono e quello cattivo ecc…): solo che, essendo l’anarchico un adolescente e lo stalinista un navigato, tutto si risolve con una paternalistica pacca sulla spalla.
    la seconda parte è sempre in stile stalinista, ma diffamatoria (già, l’adolescente è cresciuto di 4 anni) e suona: tu fai tanto il nihilista, ma ambisci alla cadrega.

    quanto a Koeppen, non dubito che l’abbia proposto CC (Morte a Roma, 1959), il quale può certo capire una frase così: “Come per tutte le donne, anche per lei la potenza del motore, il vigoroso avanzare come di pantera della macchina era un simbolo sessuale, che mette in buona luce il proprietario dell’automobile, al quale la femmina si sottomette, non perché il proprietario, come si suppone, sia un uomo ricco, un buon pretendente, ma per istinto da schiava, perché egli è un potente, signore della potenza dei cavalli, che pulsando con forza spingono avanti la vettura della sua vita» – ma non una di Gadda, né una di AS.

  48. *”Un ingegnere de letteratura” di CC esce su Mondo Operaio nel 1958, proprio a ridosso del Pasticciaccio, di cui costituisce dunque una recensione o, per meglio dire, una stroncatura.* Stracuzzi, in rete

    PS invece m’è risultato chiaro il commento di Pinto

  49. *l’egoistico menefreghismo malthusiano degli Umsiedler, il quale, come è ormai ampiamente dimostrato, è una delle più salde colonne su cui le tirannie leviataniche instaurano il loro sanguinoso terrore.*

    ecco, se l’uomobuono mi chiarisce la chiusa, io mollo il colpo e gli pago una birra.

  50. Scusate, di che anno è “La perdita della totalità” di Cases?
    Perché lì parla delle sue passate “fette dii salame lukacsiano davanti agli occhi”.

  51. Vuoi un riassunto del saggio-intervista? Te lo offre C.C. stesso, prendendo in prestito due versi di Carl Ferdinand Meyer: “Ich bin kein ausgeklügelt Buch, / Ich bin ein Mensch mit seinem Widerspruch”.

    fm

  52. dunque, caro editore, ora che siamo rimasti in 3 (3 briganti e stop, ché i 3 somari sono iti), possiamo tirare le provvisorie, classiche conclusioni:

    – la metafora delle fette di salame è imprecisa, in quanto esse acciecano e basta, mentre esatta è quella dei paraocchi, che consentono di vedere solo parzialmente: Mann ad es., e non Kafka-Beckett-Gadda-Schmidt

    – con Arno però succede quel che non succede con gli altri 3: CC passa cioé all’attacco ad personam, secondo il metodo stalinista di discreditare insinuando sulla persona del nemico. l’attacco è addirittura subdolo e infame nei particolari: a) la grafica “americana” della copertina = venduto agli USA (proprio AS, robe da pazzi!); b) la chiusa = l’anarconihilista fa il gioco “oggettivo” dei nazi.

    – sostenere, contro la testimonianza di CC stesso, che tra il ’54 e il ’63 (allorché CC ha il coraggio sfacciato, l’impunità di ristampare paro paro il pezzullo) CC apprezzava la quadrimurti … beh, vorrà dire che oltre ai più realisti del re, ci stanno pure i più casinisti di cases.

  53. Invece di spaccarvi i capelli in 4, non avete visto che nella foto sul personaggio è proiettata l’ombra di una croce?

  54. Grazie della interessante e profonda domanda, cara confusa, è sempre bello avere tra i commentatori persone con le idee così chiare…

    Nell’attesa di un (eventuale) passaggio di db da queste parti, le consiglio caldamente di pensare che la risposta al suo quiz sia un risoluto “sì”: è sempre bello vedere le proprie convinzioni sciogliersi come neve al sole…

    fm

  55. Caro fotografo dilettante, visto e considerato che lei ha uno spirito d’osservazione dei dettagli fuori dal comune, io mi sento di formulare queste ipotesi:

    1) l’ombra della croce è il segno del passaggio di C.C.: nel senso che, scritto il pezzullo, il nostro ha messo una croce sopra Arno, e amen;

    2) è il marchio, ad usum copyright, che D.P. mette sulle produzioni e i materiali presenti nel sito della sua casa editrice;

    3) attesta la presenza nella stanza di G.L., venuto a controllare che C.C. mettesse effettivamente la croce su Arno;

    4) è una proiezione dello spirito di Arno, già pienamente consapevole, tanto da materializzare le profondità del suo inconscio davanti all’obiettivo, della conversione (a U) a cui si sarebbe consegnato in punto di morte (da fonti vaticane).

    Personalmente propendo per l’ipotesi n. 3…

    fm

  56. Ho seguito la discussione, tuttavia non posseggo elementi di novità rispetto a quanto finora è stato detto su Cases. Trovo i commenti dell’omobono equilibrati, un po’ fuori squadra quelli di Borso, il solito sacripante filologico. Cases ha di fatto assegnato il lavoro a Emilio Picco, trovando in lui il traduttore congeniale e innescando così la recezione di Schmidt in Italia (le mie letture, 35 anni dopo, sono partite da Alessandro); anche se in questa cornice non va dimenticata l’antologia curata da Bender, Il dissenso (Feltrinelli, 1962), che precede le uscite einaudiane in libro e in rivista (1965, 1966), dove è contenuto uno splendido estratto dal Cuore di pietra (Das steinerne Herz, 1956), sempre nell’adattamento di Picco. Einaudi ha poi fatto altri tentativi, individuando in Rosen & Porree il titolo con cui rilanciare le scommesse formali di Schmidt, idea probabilmente biffata dai contabili della Casa. Sono gli stessi anni in cui l’editore, dove Cases non rivestiva incarichi ufficiali, non era nella redazione (chiedo conferma all’omobono, se ci legge), mirabile dictu sospende il progetto dell’Aesthetik des Widerstands, l’opera maggiore di Weiss, pur possedendo già la prima parte della trilogia (volume di ca. 400 pp. bell’e pronto). Cade dunque Weiss, cade Schmidt, saltano in generale le cinghie di trasmissione fra i due sistemi letterari, italiano e tedesco, calcificandosi nel fermo-immagine che l’uno ha dell’altro.
    Cases ha fatto quel che poteva, e oggi è difficile individuare delle responsabilità nell’assenza di un gigante come Schmidt. Invece di guardare al passato, in questo poliziesco delle cause, che sono sempre concause, come le vedeva uno scrittore che ha più volte attraversato questa discussione, l’auspicio è che si moltiplichino i lettori del taglialemma, quelli acuti e partecipi come Marotta, quelli più giovani come Aditus. In fondo è soprattutto dai reagenti che dipende la fortuna di un autore.

  57. vil cazzeggio di danzanti topi…

    chiedevo all’inizio del thread: dov’eri, cesarino (1920-2000) ai dì del leviatano? una testimonianza quasi postuma, del 1985:

    *… al Sozialarchiv [di Zurigo] trovai per un caso fortunato nell’inverno 1944-45 l’unica e richiestissima copia [di G. Lukacs, “Storia e coscienza di classe”]. Conoscevo poco di filosofia e ancor meno di marxismo, per di più soffrivo di una crisi d’asma, sicché la lettura mi riuscì faticosa e la trascinai per settimane, finché una bellissima jugoslava che conoscevo solo di vista, messa sulle mie tracce dal Socialarchiv, non salì le scale della soffitta dove abitavo per reclamare la restituzione del libro sequestrato…. Solo in una soffitta, oppresso dall’impotenza di chi ha trascorso un periodo terribile nella fortuna e nella viltà della sopravvivenza, troppo povero per trarne dei vantaggi e troppo consapevole per dimenticare che pochi chilometri mi separavano da una morte sicura, ora che la fine della guerra si stava avvicinando e la sconfitta dell’Asse pareva certa mi chiedevo che cosa avrei fatto di me stesso in un mondo in cui l’incubo sarebbe scomparso per lasciar posto a un ordine mondiale che dalle descrizioni degli antifascisti che frequentavo sarebbe stato più nobile ma non molto più appetitoso di quello che avevo vissuto da ragazzo, abbastanza al riparo dagli eccessi del fascismo…*

    nihilismo in soffitta?

  58. il vil cazzeggio era ovviamente riferito al fotografo e alla curiosa. a pinto e al buonuomo canterei:

    questi trentenni un po’ così,
    equilibrati, embedded…

    ma diamo la parola a Picco, che invitato dal Centro Th. Mann a tradurre le poesie di J.R. Becher, a tarda primavera 1961 rispose: “Costui non è un poeta sia pure di terz’ordine, ma un mediocrissimo scrittorello senza estro, senza qualità senza stile… Un mero retore da strapazzo (ora capisco perché è diventato ministro della DDR). Lei mi dirà: ‘Ma era un buon socialista e un antinazista’. È vero: tanto di cappello. Ma anche noi siamo tutti socialisti e antifascisti. Non per questo però cessiamo dall’essere persone di buon gusto e di misura”.

    Poesie di Becher uscirono a cura del Centro Th. Mann per le edizioni del Gallo nel ’62 (mentre F. Codino traduceva l’inno della DDR – testo di Becher), altre per l’Einaudi (il buonuomo potrebbe dirci per merito di chi).
    CC il 26 settembre 1996, alla Claudiana MI affermerà, col (caca)senno di poi: “Brecht era un grande poeta anche se non seguiva affatto le regole di Lukács, mentre chi le seguiva come Johannes R. Becher non usciva dalla mediocrità”.

  59. scusa dp, ma ti trovo ubiquo ai casi, se non proprio fuori squadra. t’invito insomma a stare sul pezzo, i.e. sul pezzullo: esso esce nel ’54 e viene ristampato paro paro nel ’63 da Einaudi. Quel che fu/scrisse/pensò Cases dal ’64 in poi che c’entra, scusa?

  60. IL DISSENSO. 19 NUOVI SCRITTORI TEDESCHI, nota introduttiva e schede biografiche di H. BENDER, Feltrinelli, Milano 1962.

    FELIX HARTLAUB: Sul treno speciale del Furher ROLF BECKER: La bandiera bianca WOLFGANG BORCHERT: Billbrock HANS BENDER: A ritirare il pane HANS ERICH NOSSACK: il ragazzo del mare MARTIN WALSER: Il ritorno di un collezionista WOLFDIETRICH SCHMURRE: La frontiera GERT GAISER: Il pellegrinaggio dei cavalli SIEGFRIED LENZ: Un amico del governo HEINRICH BOLL: Non soltanto a Natale ALFRED ANDERSCH: Con lo chef a Chenonceaux KLAUS ROEHLER: Il diciottesimo compleanno INGEBORG BACHMANN: Musica ILSE AICHINGER: Colombe e lupi ILSE AICHINGER: Crisantemi bianchi GUNTER GRASS: I mancini WALTER HOLLERER: Poisson Rouge ARNO SCHMIDT: Il cuore di pietra PETER WEISS: Una serata in famiglia UWE JOHNSON: Ma come cominciare?

  61. IL DISSENSO

    19 NUOVI SCRITTORI TEDESCHI

    nota introduttiva e schede biografiche di HANS BENDER

    collana PANORAMI n. 1

    de LE COMETE

    Feltrinelli Editore, Milano, 1962, brossura ed. con alette con le foto degli autori presentati, 343 pag.

    in 8°, dim: 21 x 12,5 cm.

    PRIMA EDIZIONE

    COPIA IN OTTIMO STATO, bollino di libreria sul retro, tracce di sporco, leggero ingiallimento delle pagine

    TESTI PRESENTATI NEL VOLUME:

    Parte Prima

    FELIX HARTLAUB: Sul treno speciale del Furher

    ROLF BECKER: La bandiera bianca

    WOLFGANG BORCHERT: Billbrock

    HANS BENDER: A ritirare il pane

    HANS ERICH NOSSACK: il ragazzo del mare

    MARTIN WALSER: Il ritorno di un collezionista

    WOLFDIETRICH SCHMURRE: La frontiera

    GERT GAISER: Il pellegrinaggio dei cavalli

    SIEGFRIED LENZ: Un amico del governo

    HEINRICH BOLL: Non soltanto a Natale

    ALFRED ANDERSCH: Con lo chef a Chenonceaux

    KLAUS ROEHLER: Il diciottesimo compleanno

    Parte Seconda

    INGEBORG BACHMANN: Musica

    ILSE AICHINGER: Colombe e lupi

    ILSE AICHINGER: Crisantemi bianchi

    GUNTER GRASS: I mancini

    WALTER HOLLERER: Poisson Rouge

    ARNO SCHMIDT: Il cuore di pietra

    PETER WEISS: Una serata in famiglia

    UWE JOHNSON: Ma come cominciare?

  62. Da metà 1961 inizia la protezione che GG Feltrinelli offre ai componenti del Gruppo 63. L’antefatto è la pubblicazione nella collana “Le Comete”, di alcune opere di autori del Gruppo 47 tedesco, cui il 63 italiano dichiarava d’ispirarsi: “Congetture su Jakob” di U. Johnson, “Poesie per chi non legge poesia” di H.M. Ezensberger e l’antologia “Il dissenso. 19 scrittori tedeschi” (tra cui A. Schmidt). Dopodiché, dalla pubblicazione del primo italiano che entrò ne “Le Comete” (F.Leonetti, “Conoscenza per errrore”) sarà un trionfo del Gruppo 63, a partire da “Capriccio italiano” di E. Sanguineti che esce a marzo 1963.

  63. LUKács, Georg. Contributi alla storia dell’estetica. Traduzione di Emilio Picco. Milano, Giangiacomo Feltrinelli, 1957, pp. 490

  64. anche questo:
    G. Lukács, Contributi alla storia dell’estetica: Feltrinelli 1966, 509 pp; Trad. di Emilio Picco.

  65. scusi prof, ma era lo stesso libro.

    “LA CITTA’ DI VETRO”, antologia di racconti di fantascienza di Kurt Kusenberg. Traduzione di Emilio Picco. Einaudi, febbraio 1964.

  66. Dunque svelato il mistero di “Fatti ma…”: CC, che dal ’53 al ’62 non si è più occupato di Arno, legge “Il dissenso”, dove trova la scheda biografica del Bender, che fissa appunto la data di nascita errata *1910*. Certo che la coppia Filippini/Balestrini, assoldata da GG alla fine del ’61, gli mette un po’ di pepe in, e Adorno farà il resto. Risultato: nel ’65 esce Alessandro (ma con un trailer come il pezzullo Einaudi ’63, dove credi di andare, cesarone?)

  67. Essenziale sarebbe vedere A. Chiarloni, Intervista all’autore, in Cesare Cases, Saggi e note di letteratura tedesca, a cura di F. Cambi, Editrice Università degli Studi di Trento, 2002, pp. XI-IXX. Ma chi ce l’ha?

    (trisurrezione del pezzullo, dunque!)

  68. “Arno Schmidt ha fama di essere il più discusso e il più deciso scrittore d’avanguardia tedesco dopo il 1945. La sua opera è copiosa, romanzi, racconti, saggi, studi di storia letteraria, opere che hanno poco successo di vendita e che tuttavia vengono discusse a fondo, pro e contro, dagli scrittori e dai critici. I suoi temi sono temi d’attualità; anche quando vengono trasposti nell’antichità o nella storia letteraria, sono concepiti da un punto di vista odierno. Spesso hanno forma di diari, sono scritti in prima persona, sono ricordi, “giochi di pensiero”, “vita vissuta a scosse”. Chiara è l’aggressività di Schmidt, specialmente contro il nazismo, contro il militarismo e contro qualsiasi religione. Del tutto inconsueto è il suo modo di scrivere: uno sforzo cosciente, una costante attività pioneristica, volti a conquistare nuove zone linguistiche. Egli ritiene che la forma diaristica sia la più adatta a “descrivere e a illuminare il mondo attraverso la parola”; le unità dell’esperienza vengono ricomposte nel mosaico della giornata, “unità di fotografia e di didascalia”, concentrati verbali netti, cristallini, che si avvicinano quant’altri mai al modo di esprimere e di vivere dell’uomo. Ogni composizione di Arno Schmidt caratterizza la sua intera opera, la sua individualità. “Il cuore di pietra”, tratto dall’omonimo romanzo, è un mosaico composto di situazioni, di incontri, di dialoghi rilevati nel settore sovietico di Berlino. Nella prosa sono contenuti confronti con l’ovest; le precise osservazioni, le parole vengono in certo modo stenografate e addizionate in un quadro con una specie di tecnica della sovrapposizione.”

    Hans Bender, dall’introduzione (“La prosa tedesca dopo il 1945”) al volume “Il dissenso” – 19 nuovi scrittori tedeschi -, trad. di A. Comello, E. Filippini, C. Mainoldi, E. Picco, Milano, Feltrinelli, Le Comete, 1962

    Autori antologizzati:
    Felix Hartlaub, Rolf Becker, Wolfgang Borchert, Hans Bender, Hans Erich Nossack, Martin Walser, Wolfdietrich Schnurre, Gerd Gaiser, Siegfried Lenz, Heinrich Böll, Alfred Andersch, Klaus Roehler, Ingeborg Bachmann, Ilse Aichinger, Günter Grass, Walter Höllerer, Arno Schmidt, Peter Weiss, Uwe Johnson.

    fm

  69. db, la scheda di pagina 312 porta la data di nascita 18 gennaio 1914: se ha letto “Il cuore di pietra” (che inizia a pagina 313), non può non averla vista…

    Fette di salame ungherese?

    fm

  70. Aditus, ma cosa dici? L’ombra del telaio di una finestra? Ma dài, è proprio una croce…

    Dopo una notte di ripensamenti, ho cambiato ipotesi: opto decisamente per la n. 4.

    fm

  71. ach so, mein Direktor! ma siccome noi siam cercatori della verità e il nostro adagio è sempre “amicus Plautus, sed magis amica veritas”, prendiamo gaiamente atto e cerchiamo insieme, con dp uomobuono et aliis, di risolvere il busillis e incremetare il saver – o vorrai togliermi la rubrica come a NI? ti credo che Berardinelli è finito sul Foglio, con tutte quele porte sbattute in faccia!

    a prop., c’è forse un’opzione 5, che rimette in gioco aditus:

    5. Arno guarda ombroso la croce-finestra da cui Alice gli sta passando la sporta-minestra.

  72. Vai tranquillo db, non permetterò mai che tu finisca sul fogli(acci)o.
    A proposito, la paga è di tuo gradimento? Se vuoi un aumento, non hai che da chiederlo…

    Anch’io mi aspetto contributi da aliis, e vedrai che verranno, quando qualcuno si accorgerà che non mordi…

    Sì, l’opzione n. 5 può rimettere in gioco Aditus. Però considera che: 1) Arno non mi sembra avere troppa fame; 2) Alice era in ferie in quel periodo; 2) (e soprattutto) come fa quel benedetto figliolo (Aditus) a parlare del riflesso del telaio di una finestra? Bisogna proprio essere miopi, non trovi?

    fm

  73. LA CROCE (CAPOVOLTA)

    La mia mio pia
    è solo un po’ leggera.
    Ma specie verso sera
    deflagra in cecità.

    Così quel che parìa,
    preludio al davanzale,
    col sol domenicale
    appare quel che è.

  74. siete dei pazzi miscredenti e atei e state traviando le menti dei giovani proponendo questi libracci e tutta questa letteratura erotica e pervertita. ma chi sono questi cc db mf dp gl? tutte sigle di emissari del male. pentitevi, disgraziati, e sappiate che io vi teniamo d’occhio da tempo e che prima o poi io personalmente ripuliremo questo blog col fuoco

  75. Sono riuscito a recuperare casualmente dallo spam due commenti che ripubblico di seguito.

    Ringrazio il signor E. Bay per il suo contributo alla discussione e mi scuso con lui. A quanto sembra, wp deve essere impazzito, visto che ormai spamma tutto ciò che arriva, anche i miei interventi.

    …………..

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    Author : E. Bay
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    IL DISSENSO. 19 NUOVI SCRITTORI TEDESCHI, nota introduttiva e schede biografiche di H. BENDER, Feltrinelli, Milano 1962.

    FELIX HARTLAUB: Sul treno speciale del Furher ROLF BECKER: La bandiera bianca WOLFGANG BORCHERT: Billbrock HANS BENDER: A ritirare il pane HANS ERICH NOSSACK: il ragazzo del mare MARTIN WALSER: Il ritorno di un collezionista WOLFDIETRICH SCHMURRE: La frontiera GERT GAISER: Il pellegrinaggio dei cavalli SIEGFRIED LENZ: Un amico del governo HEINRICH BOLL: Non soltanto a Natale ALFRED ANDERSCH: Con lo chef a Chenonceaux KLAUS ROEHLER: Il diciottesimo compleanno INGEBORG BACHMANN: Musica ILSE AICHINGER: Colombe e lupi ILSE AICHINGER: Crisantemi bianchi GUNTER GRASS: I mancini WALTER HOLLERER: Poisson Rouge ARNO SCHMIDT: Il cuore di pietra PETER WEISS: Una serata in famiglia UWE JOHNSON: Ma come cominciare?

    ***

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    IL DISSENSO

    19 NUOVI SCRITTORI TEDESCHI

    nota introduttiva e schede biografiche di HANS BENDER

    collana PANORAMI n. 1

    de LE COMETE

    Feltrinelli Editore, Milano, 1962, brossura ed. con alette con le foto degli autori presentati, 343 pag.

    in 8°, dim: 21 x 12,5 cm.

    PRIMA EDIZIONE

    COPIA IN OTTIMO STATO, bollino di libreria sul retro, tracce di sporco, leggero ingiallimento delle pagine

    TESTI PRESENTATI NEL VOLUME:

    Parte Prima

    FELIX HARTLAUB: Sul treno speciale del Furher

    ROLF BECKER: La bandiera bianca

    WOLFGANG BORCHERT: Billbrock

    HANS BENDER: A ritirare il pane

    HANS ERICH NOSSACK: il ragazzo del mare

    MARTIN WALSER: Il ritorno di un collezionista

    WOLFDIETRICH SCHMURRE: La frontiera

    GERT GAISER: Il pellegrinaggio dei cavalli

    SIEGFRIED LENZ: Un amico del governo

    HEINRICH BOLL: Non soltanto a Natale

    ALFRED ANDERSCH: Con lo chef a Chenonceaux

    KLAUS ROEHLER: Il diciottesimo compleanno

    Parte Seconda

    INGEBORG BACHMANN: Musica

    ILSE AICHINGER: Colombe e lupi

    ILSE AICHINGER: Crisantemi bianchi

    GUNTER GRASS: I mancini

    WALTER HOLLERER: Poisson Rouge

    ARNO SCHMIDT: Il cuore di pietra

    PETER WEISS: Una serata in famiglia

    UWE JOHNSON: Ma come cominciare?

  76. Caro (si fa per dire, e solo perché è Natale) padre Ermen&Gildo, lei avete sicuramente sbagliato indirizzo e, da quello che posso arguire, lei non state nemmeno tanto bene. Anzi, proprio per niente. Perché lei non provate a cambiare pusher e a vedere l’effetto che fa?

    fm

  77. @Santa Rete Bagascia. *Gruppo 47 tedesco, cui il 63 italiano dichiarava d’ispirarsi*: è vero? e chi era a dichiararlo?

    C’è questa testimonianza di U. Eco, Il Gruppo 63, quarant’anni dopo (Prolusione tenuta a Bologna per il Quarantennale del Gruppo 63, 8.5..2003), ma non saprei se sia bastevole. Che si tratti di un’influenza di stagione anziché di fondamenti?

    […] un giorno Balestrini (e non so se fossi il primo con cui ne parlava, ma eravamo in una tavola calda vicino a Brera), mi ha detto che il momento era venuto di ispirarsi al Gruppo 47 tedesco, e di riunire tante persone che vivevano di una temperie comune, per leggersi a vicenda i propri testi, ciascuno parlando male anzitutto dell’altro – poi, se avanzava tempo, degli altri, quelli che secondo noi intendevano la letteratura come “consolazione” e non come provocazione. Mi ricordo che Balestrini mi avea detto “faremo morire di rabbia un sacco di gente”. Ebbene sembrava una spacconata, ma ha funzionato.

  78. da Il gruppo 63-Quarant’anni dopo

    Nel 1961 uscì nelle edizioni della rivista l’antologia I novissimi (rieditato nel 1965 da Einaudi), con una introduzione di Alfredo Giuliani.
    Intorno al Verri e sotto la propulsione dei Novissimi crebbe un movimento di stimoli e consonanze fra diversi autori.
    Fu Luigi Nono che suggerì a questi la formula impiegata dagli scrittori tedeschi per gli incontri annuali del Gruppo 47 (Günter Grass, Ingeborg Bachmann, Peter Handke e altri): un seminario annuale in cui gli scrittori confrontavano i loro lavori in corso, leggendoli e criticandoli reciprocamente, non per riconoscersi su orientamenti e poetiche comuni, ma per rifondare in tempi brevi la loro letteratura. Pur in una situazione storica diversa, le intenzioni erano abbastanza simili.
    Questa situazione di ricerca, idee, e fervori portarono quasi naturalmente alla nscita del Gruppo 63: i fondatori volevano portare allo scoperto una sfida che fino a quel momento era soltanto implicita nei loro primi libri, negli articoli del Verri (edito da Giangiacomo Feltrinelli) e nelle loro perpetue discussioni, spesso scambiate per via epistolare.
    A questo punto serviva un luogo, ove ritrovarsi in seduta plenaria, per litigare proficuamente.

  79. Essenziale sarebbe (a meno che non sia aria fritta) vedere A. Chiarloni, Intervista all’autore, in Cesare Cases, Saggi e note di letteratura tedesca, a cura di F. Cambi, Editrice Università degli Studi di Trento, 2002, pp. XI-IXX. Ma chi ce l’ha?

  80. Ho seguito fin qui l’appassionante discussione, e mi spiacerebbe che finisse: cioe’ mi spiego, se finisse cosi’ non finirebbe pari tra db e gli altri, ma verrebbe sospesa per nebbia. E sarebbe un peccato.

    Sandro

  81. Gli unici che potrebbero aiutarci, oltre all’autrice, sono Massimo Rizzante e Stefano Zangrando. Proverò a chiedere, ma credo che prima del nuovo anno sia impossibile saperne di più.

    Aditus, ho sistemato il primo link perché sballava tutta la formattazione.

    fm

  82. Riz e Zan lavorano da quelle parti, magari gli è più facile consultare il libro.

    Quanto all’uomobuono, hai ragione, oltretutto ha la possibilità di tenere ulteriormente fede alla sostanza del suo nome.

    fm

  83. Colgo l’occasione per annunciare che la rubrica di db è slittata a mercoledì prossimo perché il terzo numero contiene una strenna (e che strenna!) natalizia (e che natale!) per tutti i lettori e gli autori del blog.

    fm

    p.s.

    1) Sono convinto che la strenna piacerà moltissimo anche ad Alcor.
    2) Potete iniziare a richiedere tutte le copie che vi servono…

  84. Caro Malvezzi, hai proprio ragione, c’è assolutamente bisogno di un intervento che spazzi via la nebbia. Anche i calci di rigore andrebbero bene.

    fm

  85. Grazie Francesco, puoi pure cancellare il secondo, uguale commento.

    Mentre si aspettano i contribuenti, nessun dà ulteriori lumi sulla questione delle influenze del gruppo 63? A leggere sopra (il commento aggiustato da fm) sembrerebbe che l’influenza sia tutt’al più formale, e neanche autoindotta. Santa Rete Bagascia non parla?

  86. Aditus, sono andato a rivedermi gli atti del convegno di Palermo (3-9 settembre 1965) tenuto dal Gruppo ’63 sul “romanzo sperimentale”: ebbene, i “tedeschi” (tranne una citazione di Walser (!) e un riferimento en passant al “nano” di Grass) non compaiono mai, nemmeno come tappezzeria. Al contrario, è tutto un profluvio di Robbe-Grillet, Le Clézio, “nouveau roman” e “école du regard”…

    fm

  87. Si sa che S. Rete is a great trolla, ma che Aditus le vada dietro…
    cosa c’entra infatti il rapporto 47/63? venisse anche appurato, cosa comporterebbe per l’affaire caseschmidt?
    inoltre: cosa suggerisce aditus mettendo l’e-mail della Carloni? avesse sete di verita’, avrebbe scritto lui a lei, chiedendo se nell’intervista a cases si parlo’ di Arno o no, e segnalandole gentilmente il dibattito in corso. voleva forse imbeccare qualcuno-a?
    ma quanto a questione morale, questo e’ niente rispetto al desumibile dalla chiusa del commento di dp:

    “Invece di guardare al passato, … l’auspicio è che si moltiplichino i lettori di Schmidt… In fondo è soprattutto dai reagenti che dipende la fortuna di un autore.”

    ecco, qui si solleva una questione di principio che, se non chiarita, comportera’ il mio abbandono della rubrica (in quanto ne va non di me, ma della rubrica).

  88. db, vedrai che prima o poi santa rete da bagascia ripasserà da queste parti e anche dp chiarirà il suo “auspicio”…

    In quanto al tuo “abbandono” della rubrica, non ci pensare nemmeno!!!

    fm

  89. Appello urgente a dp:

    caro dp, ti prego, posta appena puoi un commento chiari-fica-tore, se no db abbandona la rubrica e… addio oscar dei blog 2008, al quale tengo più di ogni altra cosa al mondo (l’ho ingaggiato proprio per questo!).

    Torna, dp, ‘sta casa aspetta a te…

    fm

  90. Appurare il rapporto 47/63 non comporterebbe nulla per l’affare caseschmidt, ma mi interessava capire le ragioni di quel giudizio.
    Alla Chiarloni avevo già scritto, ho postato il suo indirizzo solo perché pensavo potesse venire utile a qualchedun altro.

  91. grazie per la dritta ragazzi, mi gioco 47 e 63 sulla ruota di palermo e per recupero su quella di scorta

  92. Dario, perdonami se non ti tengo bordone nel crucifige: a me veramente non interessa ragionare sui limiti di quelle letture. E non voglio guardare Schmidt attraverso lo specchio di Cases. Ha sostenuto la pubblicazione di Alessandro, tanto basta per me. La speranza, credevo fosse chiaro, è che si trovino, oggi, migliori lettori di quanti non raccolsero, o non riuscirono a percepire nei decenni successivi alla pubblicazione di Alessandro, i tratti di novità di quella prosa. A ciò varrebbe meglio un’attitudine diversa, più serena, e rivolta al presente, torno a ribadire. Qui per esempio c’è il contributo di Giancarlo Alfano, apparso sul verri: http://www.lavieri.it/schmidt/schmidt_verri.pdf
    La prossima volta, per cortesia, non tirarmi così per la giacchetta: se ho qualcosa da aggiungere in una discussione lo farò senza bisogno di pungoli.
    Auguro a tutti buone feste.

  93. Ho avuto come professore diversi anni fa db (da quello che scrive almeno mi pare proprio lui, soprattutto le battute). Ho seguito tutta la discussione (approfitto per chiedergli di visitare il mio piccolo blog filosofico), e mi sembra che per ora la ragione stia dalla sua parte. Se mi posso permettere un difetto, ho notato lo stesso che succedeva alle lezioni, che dopo un po’ perde la calma. L’ho visto dai refusi che ha fatto negli ultimi commenti (lui ODIA i refusi) e poi da quello madornale di Plautus, quando sappiamo anche noi che il proverbio latino dice: Amicus Pluto sed magis amica veritas.

  94. Ho letto il link di Pinto, che chiarisce tutto. Alfano infatti scrive che Schmidt aveva “vent’anni al tempo dell’inizio della catastrofe (1933, per i Tedeschi) e trenta al tempo della sua conclusione (1945)”. Dunque non era del 1910 e neanche del 1914, ma del 1913 e del 1915.

  95. dp nega che sia legittimo indagare storicamente su un passaggio cruciale della nostra storia, letteraria ed altro (dalla critica di CC ai fatti d’Ungheria), peggio, fa il processo alle intenzioni dandomi dell’ebreo. Fuori squadra dice, a me che inquadro. Rather I think the South is out of joint, and col cazzo che ritorno in questo posto, fino a che non chiarirete (il direttore, i lettori ecc.) se esso sia o no adatto a crucifigghioni del genere.
    (l’intervista a Forte di CC l’ho letta all’Insmli, e garantisco che non dice nulla; invece sulla triedizione del 2002, sarebbe da contattare il curatore, F. Cambi di Trento: questa prendetela come un’imbeccata, mentre imbocco l’uscita).

  96. Secondo il mio parere questo posto non è adatto ai crucifigghioni, e finché continuano a non esserci, come è accaduto finora, a me va benissimo.

    p.s. penso che sia consueto (i.e. umano) ma sbagliato il passare dallo sgarbo di uno all’estensione di quello a una molteplicità intera.

  97. Pinto: “a me veramente non interessa ragionare sui limiti di quelle letture. E non voglio guardare Schmidt attraverso lo specchio di Cases.” Non capisco allora perchè sia intervenuto.

  98. Finora non ho riscontrato le condizioni minime per sfornare altri pezzulli. ma siccome normalmente non lascio le cose a mezzo, e molti lati oscuri ancora permangono sull’affarie CC, ho coinvolto nel rebus il grande Karl-Heinz Muenter, autore della bibliografia di gran lunga piu’ completa di/su AS, che gentilmente ha risposto cosi’ sulla mailing-list degli arnonauti:

    das Geburtsdatum 1910 stammt zunächst aus einem Biogramm Arno Schmidts für den Rowohlt Verlag. Etwa Mitte der 50er Jahre kehrte Arno Schmidt zu seinem tatsächlichen Datum 1914 zurück. Diese Rückkehr zu 1914 wurde nicht groß in der Presse bekannt gemacht oder verbreitet, so bekannt war er ja nicht. So kann man feststellen, dass die einen, das richtige Datum verwendeten, und die anderen eben die bekannten früheren Daten weiterverwendeten bzw. aus nicht korrigierten oder älteren Werkeb übernahmen.

    poi ha aggiunto 2 comprensibili domande: Puericultura. Was heißt da? (Meine Kenntnisse der italienischen Sprache sind dürftig und aus “Puericultura” kann ich im Lexikon nur Säuglingspflege lesen.) Ist rebstein.wordpress so etwas wie ein Chatroom?

    dai dati forniti da K-H ne esce insomma ancora un CC distratto, distrattissimo, e concentrato solo a sputtanare l’ingenuo adolescente.

    mi dispiace che a nessuno dei lettori (fm, tu che hai l’aggeggio in mano, quanti sono?) sia venuta l’idea piu’ elementare: perche’ non chiedere a Emilio Picco? In fin dei conti e’ il piu’ vicino testimone, e per quanto anziano e’ ancora attivissimo (un libro tradotto all’anno in questo ultimo lustro). A dir la verita’ io ci avevo pensato, e chiesto a dp l’indirizzo: ma mi ha risposto che non ce l’aveva sottomano (ora temo che ce l’abbia sottogamba).

  99. Scusa db, ho avuto una lunga seduta col mio psichiatra di fiducia.

    I lettori sono un migliaio tondo tondo, ma la cosa che dovrebbe inorgoglirti di più è il fatto che anche la ministra è venuta a renderti omaggio. Vedrai che prima o poi compare anche il suo padrone, noto studioso, tra le altre cose, di leccheratura. E del resto, come dice sempre anche il suo menestrello, scripta volant: ecco perché nessuno interviene a chiedere la cosa più semplice.

    fm

  100. *Einaudi ha poi fatto altri tentativi, individuando in Rosen & Porree il titolo con cui rilanciare le scommesse formali di AS, idea probabilmente biffata dai contabili della Casa. Sono gli stessi anni in cui … CC non rivestiva incarichi ufficiali, non era nella redazione… CC ha fatto quel che poteva.*

    – dunque i gretti contabili contro gli intellettuali aperti (dove l’apertura
    consiste nel ripubblicare in pieno ’63 da Einaudi quella schifezza di pezzullo – a prop., perche’ i contabili non biffarono propio lui, CC?).

    – dall’inizio alla fine degli anni 60 CC fu organico all’Einaudi, tanto da partecipare regolarmente ai mitici mercoledi’ della redazione (cfr. CC, Memorie di un ottuagenario, Donzelli 2000)

    *Ha sostenuto la pubblicazione di Alessandro, tanto basta per me* – e prima: *le mie letture, 35 anni dopo, sono partite da Alessandro.*

    – qui l’assoluzione vira in gratitudine (o la gratitudine fonda l’assoluzione). ma e’ tutto molto, troppo personale (*basta PER ME*), non all’altezza della dimensione storica-collettiva.

    – 1965 + 35 = 2000. Piu’ corretto sarebbe dire: da Alessandro, Il Leviatano e Tina, questi 2 ultimi raccolti in volumetto da Fofi nel 1991. Dunque, per dp CC, piu’ che motore immobile come vorrebbe far credere, fu uno dei motorini d’avviamento: Fofi, Enzensberger che inseri’ AS nel Menabo’ del 67, la Mandalari che lo tradusse + introdusse = curo’ per Carte segrete ecc.

    – e dunque a quanti sara’ mai legato dp da un debito? farebbe bancarotta, se i debiti non esistessero solo per estinguersi. ad es., io ho conosciuto AS 2 anni fa grazie a una segnalazione di dp, e da li’ mi buttai subito sul tedesco, con le poesie giovanili di AS e con l’Ateo?: – Altroche’!, che tradussi appunto con dp su mia proposta. Ci mancherebbe che non gli fossi grato! ma cio’ comportera’ che questo debito sia inestinguibile in eterno, e che ad es. io dovro’ coprire dp e difenderlo nell’indifendiblie come fa dp con CC? be’, questa sarebbe la morte della cultura, sempre.

    *non tirarmi così per la giacchetta*

    dp si e’ sentito costretto/violentato. eppure de re sua agitur, e in tanti a piu’ riprese hanno sottolineato le benemerenze di dp e della casa ed. Lavieri nell’aver tolto dall’oblio italiano AS. Riesumare il pezzullo di CC aveva per me anche il senso (oltre a quello major, che’ storico sono, e storico rimango) di marcare la distanza da quel passato nefasto di un presente un po’ piu’ radioso (quasi una pars denstruens a esaltare la pars construens di dp). percio’ il giorno dopo la pubblicazione qui del pezzullo ho scritto a dp: “visto che ti sto tirando la volata? intervieni, che diamine! mi puoi passare il n. telefonico di E. Picco? voglio sapere se fu veramente CC a consigliare AS all’Einaudi. E la Miglio? d* Insomma, io gli volevo tirare la volata, mica la giaccetta! (o la giacchetta per la volata, come il bravo gregario al giro)

  101. Del commento di Karl-Heinz Muenter ho capito che la data di nascita 1910 di AS discende da una biografia uscita per Rowohlt. Nella metà degli anni 50 si tornò a datare AS nel 1914, ma ciò non venne diffuso tra la stampa, così rimase pressoché ignorato. Siccome il resto non l’ho molto capito, vorrei chiedere ai tedescomuniti cosa viene detto in breve.

  102. db, d(a) b(ravo), fa il bravo, domani o domani l’altro sarà natale, e io ti ho appena annunciato come latore di (st)renna. pensa alla ministr(…)a, alla beata ignoranza che ci segue con interesse da didatta. mi ha appena scritto, infatti, chiedendomi perché nel tuo commento delle ore 8.55 pm hai postato tutto quel papiello in latino, un dialetto che lei solo per un breve periodo ha potuto studiare, durante la sua permanenza a R.C.

    fm

  103. Aditus, sintetizzando al massimo: se la prende con me, e si chiede se è giusto che in un blog dove si parla di problemi legati all’infanzia, succeda poi che, senza un preavviso (che so, un bollino rosso lampeggiante, un segnale sonoro che costringa ad allontanare i pargoli dallo schermo), si dà il via alla sbobinatura del testo di telefonate e messaggi tra adulti, a sfondo chiaramente erotico.

    fm

  104. @fm. Quello (le domande) lo avevo capito! (Del resto me lo domando pure io: perché? perché?. Io mi riferivo alla parte finale del della risposta.

  105. Così ho risposto ieri a K.H. sulla mailing list (anche se l’e-mail non è ancora comparsa):

    *das Geburtsdatum 1910 stammt zunächst aus einem Biogramm Arno Schmidts für den Rowohlt Verlag.* So, 1954 wusste Cases noch nicht dieses Datum, und glaubte, dass AS etwa 1930 geboren war. 1963 wusste Cases endlich, dass AS 1910 geboren war… aber seit mehreren Jahren wusste man, dass er 1914 geboren war. So, lieber K-H, ist das Urteil von Cesare Cases nichts Neues = immer zu alt (und stalinistisch). rebstein.wordpress ist etwas wie hier – (aber italian style). die besten Gruesse zur ganzen Liste. db*

    l’e-mail mia a dp che ieri ho postato integralmente non contiene niente di personale: che infatti una critica al pezzullo di CC abbia a sua interfaccia un apprezzamento del lavoro antitetico di dp, lo capisce anche un cieco (o forse dovrei dire un orbo, stanti le reazioni qui).

    un’altra via per proseguire la ricerca è questa: siccome è inverosimile che l’uomobuono non abbia la triedizione 2002 di CC, Saggi e note…, gli chiedo se alla nota riguardante l’anno di nascita il curatore Fabrizio Cambi ha ritenuto opportuno inserire un commento, o se invece tutto è rimasto uguale al ’63.

    Come temevo, il thread è deludente, e suscita in me parecchi dubbi sulla validità del mezzo in sé. giusto per non “tradire” in questo scorcio di 2008 il direttore, potrei stanotte inviare un pezzullo su CC, oppure un pezzullo natalizio sotto cui mi asterro’ dai commenti (che richiedono tempo e fatica).

    Biogramm = scheda biografica

    nessuno disposto a stralciare qualche passo significativo da CC, Omaggio a Lukacs dell’aprile 1956 (in CC, Su Lukacs, Einaudi 1965)?

  106. L’edizione ultima di “Saggi e note” di CC, Trento 2002, è una riproduzione anastatica, quindi l’articolo su Schmidt è uguale. INVECE RISULTA CHE l’articolo è stato tradotto in C. Cases, Stichworte zur deutschen Literatur, Europa Verlag 1969.

  107. Questa è bella! in questo thread luomobuono alias michele sisto e domenico pinto si tengono bordone per salvare l’insalvabile i.e. cases. oggi invece su nazione indiana pinto pubblica un articolo di sisto in cui si dà addosso a cases. morale… non la so. so invece che qui fui censurato dal gestore, il quale meglio farebbe ora a riconsiderare i pezzulli e baciar per terra.

  108. Potresti, per cortesia, dire come, dove, quando saresti stato censurato?
    Qui, da quando è nato il blog, è passato tutto quello che avete scritto, tranne:

    – minacce e insulti irriferibili nei miei confronti (eliminati solo per non dare visibilità a deliri nazisti e razzisti sul mio blog);

    – insulti anonimi nei confronti di due tre autori ospiti;

    – pubblicità a siti “pubblicitari”, editoria “mafiosa”, premi/premietti/patacche pseudo letterarie, blog scambisti & affini (inutile che insistano: non troveranno mai spazio qui);

    due righe di un tuo commento in cui chiamavi in causa una persona che non c’entrava niente, né col post né coi commenti.

    Se hai altre notizie, sei pregato di divulgarle…

    Per il resto.
    Il tuo errore è quello di aver voluto pubblicare su un piccolo blog di provincia come questo, sapendo che la cultura, in rete, si fa altrove: da sempre, prima e dopo la “restaurazione”.

    E’ altrove che si decidono i destini politici e culturali del paese. Non te n’eri mai accorto?

    fm

    p.s.

    Resta inteso che, a me, di Sisto/Filippini/Cases etc. etc. etc. etc. … non frega una beata mazza.

  109. Non si capisce su che basi “jd” sostenga che Sisto, in Enrico Filippini, sintesi di movimento, si dà addosso a Cases. Si può leggere e rileggere il pezzo, ma nulla di quel che lascia intendere jd emerge. A me sembra punto una ricostruzione storica, dove l’autore si dà addosso tanto a Cases quanto a Filippini (per farla breve: ha ragione Cases nel dire che Filippini traduceva male e in ignoranza; ha ragione Filippini in quanto la fretta – e eventualmente l’ignoranza – valeva bene l’impresa di importare in Italia i tali autori).
    Leggo spesso nei commenti di jdb un rancore davvero poco costruttivo – forse perché quei commenti esauriscono la loro ragione proprio nel rancore?.

    E poi le accuse di censura a Marotta sono francamente deprimenti.

  110. il problema qui era se cases schifava schmidt. sisto sempre qui, nonostante il testo di cases parlasse chiarissimo, ha invece sostenuto che no, spalleggiato da pinto. invece lì, i.e. oggi su nazione indiana, sostiene che schifava schmidt (e in più anche grass).
    l’accusa a marotta non è una cosa: è un dato di fatto. qui infatti venne fatto sparire un commento affatto in tema (per rinfrescare la memoria al censore, richiamo un nome: olivetti)

  111. Qualsiasi utente della piattaforma wordpress ti spiegherebbe che la stessa blocca automaticamente gli ip contraffatti e li scarica nella pattumiera (ne ha due: “spam” e “trash”). Qui restano “sigillati” (per fortuna) per qualche ora e, se il gestore non li libera, vengono dispersi per sempre (per fortuna).

    Per tua “sfortuna”, invece, io non passo il mio tempo (e non ho nessuna voglia di farlo) a frugare in quel “cestino”, non sono ancora un tossico della rete e ho altri problemi da risolvere giorno dopo giorno, altro che stare ore e ore a filare il nulla.

    Piuttosto che sparare cazzate, tu (e lo stesso vale anche per qualcun altro: ti assicuro che sei in “buona” compagnia) avresti potuto considerare, anche di sfuggita, il fatto che dare una veste dignitosa ai vostri post significa impiegare ore e ore di lavoro – e tralasciando ogni discorso relativo alla visibilità che ne viene all’autore attraverso i suoi scritti messi in rete.

    Ma che te/ve lo dico a fare?

    Tu non meritavi nemmeno una risposta alle tue insinuazioni. Se l’ho fatto, è per un unico motivo: è l’ultima.

    fm

  112. *il problema qui era se cases schifava schmidt. sisto sempre qui, nonostante il testo di cases parlasse chiarissimo, ha invece sostenuto che no, spalleggiato da pinto. invece lì, i.e. oggi su nazione indiana, sostiene che schifava schmidt (e in più anche grass).*

    Ok. Sisto, qui, sostiene che no, Cases non schifava Schmidt. Ma su N.I.? Davvero sostiene il contrario? Sarò un cattivo lettore, ma io non ho trovato un passaggio che possa giustificare l’affermazione di jd.
    Pinto invece, che viene tirato in ballo, non sostiene affatto, qui, che Cases non schifava Schmidt. Sono andato a leggere il thread, e mi pare che dica, in sostanza: non me ne frega un beneamato che Cases schifasse Schmidt, fosse anche vero. L’importante è che abbia permesso ai lettori italiani di recepirlo.
    Che problema è infine, appurare se Cases schifava Schmidt oppure no? E’ un pettegolezzo? Qui sta l’importanza della notizia? Perché non mi pare che lo schifo o l’assenza di schifo siano stati determinanti per la storia (letteraria). Anzi, di più, posto lo schifo la storia è andata avanti, e a favore sia di Schmidt che del lettore.
    Altra cosa è schifare Cases, e arrovellarsi sulla sua figura. Lo si vuole demolire? Ci si vuole attaccare ai pezzulli? Fare la microstoria ignorando la vicenda completa?

  113. coerenza, please. il pezzullo qui è una stroncatura di cases. perché stronca? perché è stalinista. pinto dice che non glliene frega, a lui frega solo che schmidt ecc. ecc. invece a me non mi frega niente che pinto ecc. ecc. e che schmidt ecc. ecc. a me frega solo il pezzsullo e la sua collocazione storica. la differenza è che io così sono it, mentre voi siete ot.

  114. Sì, coerenza.
    jdb: *storico sono, e storico rimango*.
    Ma. Dov’è il lavoro dello storico? Pare che jd si voglia dare alla ricostruzione storica partendo da pezzulli, solo che poi la ricostruzione storica mica arriva, ci si ferma con un tono bonario, ironico e scherzosso sul pezzullo, girando a vuoto per gg e gg e…
    Si va a chiedere a Pinto -o a Sisto- di intervenire, e che si vuole per giunta? Che dicano ”sì sì, Cases à l’è proprio un càncher”? Insomma, dov’è il punto? Che qui si rischia di non coglierlo. E dire che siamo tutti, occhio e croce, baccalaureati.
    Io ora sono curioso, vedrà la luce l’Opera di jd? O si fermerà al pezzullo? S’intitolerà “Lo stalinismo impenitente del giovane Cases”? O avrà ancor più ampio orizzonte?

  115. chi vivrà vedrà (chi ha vissuto qualcosa ha gia visto rebstein.wordpress.com/2009/02/10/il-pezzullo-di-db-viii-bionda-cervogia)

  116. definire stalinista cases è di straordinaria comicità.

    o meglio, lo sarebbe, perché l’ilarità che provoca cede il passo alla consapevolezza del nulla sul quale questa definizione si basa, e poi sul fatto che questo nulla viene però diffuso tra chi non sa e vive delle modalità delle rete, che sono frammentarie, imparaticce, non verificate, decontestualizzate.
    E soprattutto perché chi potrebbe fare un discorso compiuto e contestualizzato in rete non viene.

    La cosa che dispiace è che molti verranno qui, leggeranno che Cases era stalinista (cosa della quale Cases stesso riderà compiaciuto dalla tomba, visto che era dotato di grande senso dell’umorismo) penseranno che è vero, non verranno spinti a conoscere il nostro passato culturale & editoriale e il suo contesto, e tutto resterà come sempre nei confini del pettegolezzo.

    Non mi spiace per Cases, che se la cava benissimo anche senza di me, mi dispiace per i lettori gabbati.
    Mi dispiace come mi dispiace l’orrenda edilizia che deturpa le nostre coste, non vedo differenza, entrambi, edilizia e discorso, sono costruiti con materiali poveri.

  117. mi garba il pezzullo come casetta geometrile (direbbe il buon celati), specie se la definizione viene da un ecomostro. cases se è per quello fu pure maoista: periodizzare, periodizzare con judicio! al tettore che passa e che mi preme, do una dritta, ossia il canto del cigno stalinista (l’unico libro scritto da cases, che se ne vergognava): Cesare Cases, Marxismo e neopositivismo, Einaudi, Torino, 1958.

  118. jd: storico o polemista?

    Un motto […] domina e illumina i nostri studi: «comprendere». Non diciamo che il bravo storico è estraneo alle passioni; ha per lo meno quella. Motto, non nascondiamocelo, carico di difficoltà, ma anche di speranze. Soprattutto, motto carico di amicizia. Persino nell’azione, noi giudichiamo troppo. È comodo gridare «a morte!». Non comprendiamo mai abbastanza. Chi è diverso da noi – straniero, avversario politico – passa, quasi necessariamente, per un cattivo. Anche per condurre le lotte che non si possono evitare, un po’ più di intelligenza delle anime sarebbe necessaria; a maggior ragione, per evitarle, quando si è ancora in tempo. La storia, purché rinunci alle sue false arie da arcangelo, deve aiutarci a guarire da questo difetto. Essa è una vasta esperienza delle varietà umane, un lungo incontro fra gli uomini. La vita, come la scienza, ha tutto da guadagnare dal fatto che questo incontro sia fraterno.
    [Marc Bloch, Apologie pour l’histoire ou Métier d’historien.]

  119. già che ci sei baer, vatti a leggere il saggetto di ginzburg su bloch fascista: ricordo come fosse adesso carlo in lacrime alla scoperta, poi fraternamente giudicò.
    ricordo uno storico comunista che alla fine del suo studio sul nazismo, per empatia, divenne nazicomunista.
    di cases bello anche il saggetto su koeppen, che finisce dicendo: cosa si può pretendere da un pederasta?

  120. Non so dire se Bloch fosse (stato) fascista. Ma posso dire che tre mesi di prigionia & tortura, e la fucilazione finale, sono eventualmente una espiazione di tutto rispetto.

  121. Io tuttora non colgo il punto. All’estratto riportato da Bär jdb risponde con un allusione al passato fascista di Bloch: e che c’azzecca? Intacca la sua opera? E il povero Cases, che gl’ha fatto di male a jdb? Io non riesco proprio a capire. A lui frega solo il pezzullo e la sua collocazione storica. Io ci credo, sono in buona fede. Però non vedo la collocazione, ché jd mostra solo la demolizione per spot – bastassero quelli – di Cases.

  122. io resto al latinorum, all’abc: non lugere non detestari sed intelligere.
    questi qui sopra invece sono discorsi da aspirante ac

  123. il tempo stringe. prendetevela con ginzburg, quel vigliacco che ce l’aveva con bloch e ha tirato fuori lo scheletrino

  124. jd. Fai e disfi, da solo. Sarebbe tutto da leggere questo saggio di Ginzburg. Chissà che vi ci sostenga di non leggere più Bloch a causa di quello scheletrino.

  125. Questo blog non è novella duemila: al prossimo gossip chiudo i commenti.

    Aprire un blog è facile, bastano tre clic e un indirizzo mail.

    Buona fortuna.

    fm

  126. «invece io»? Qui si giudica ciò che lasci, tra pezzullo e commenti.
    Sarà che lasci implicite troppe cose, per es. che gli scheletri di Cases, o quello di Bloch esposto qui sopra, non pesano nell’economia del tuo giudizio più dell’intero armadio?

  127. ho postato qui una lettera inedita di cases grazie a milletta sbrilli, direttrice degli archivi della normale di pisa. chi si contenta gode. chi vuol godere di più vada dall’alcor

  128. oddio, sempre disposto a trascrivere il saggetto di cases su koeppen “pederasta” (termine suo), ’55 doc

  129. vedo che vi siete negati alla mia interpretazione di cases. farete lo stesso con questa mia, più antica, di repetti?

  130. Anna Maria Ortese, ebbe a dire nelle ultime interviste. La faccia da buono di Berlusconi, I comunisti sono cattivi, Voglio bene solo agli animali ché sono innocenti, Perché lo ostacolano?, Perché lo ostacolano?, Perché lo ostacolano?

  131. alcor dice che qui passano lettori ignari: fosse vero, meglio arricchire. con

    m. bloch, la strana disfatta (1940), ed. rizzoli

    opera storica e impacabile j’accuse alla classe politica, alla cultura, al popolo francesi. bloch polemista+storico che comprendeva senza avere comprensione non dico per hitler ma nemmeno per i suoi connazionali (ben prima dell’avvento di pétain).

    alcor invece mi ricorda la minnie del padrone di parise (quella che in ditta introdusse i fumetti)

    sisto (a cui per onestà scientifica passai allora in file tutto il carteggio cases-cantimori da me trascritto) si guarda bene nell’articolo dal sosenere quello che sosteneva in questo thread: conosce infatti la differenza tra libri e fumetti.

    una bella idea per rebstein: raccolga in quaderno i 25 pezzulli di db

  132. dové´minnie? dové winnie? e si che qui passano cagne e porche!
    dal 51 al 56 cases fu stalinista convinto, nella versione lukacsiana: dispiace sfidare líntelligenza del passante, ma e quasi unóvvietå, suffragata da tanti elementi sia fattuali che teoretici ; e il pezzullo qui sopra ne e un sintomino. ed ora, fumetto!

  133. tardi, ma finalmente ho capito: marotta non vuole che sia riportato qui *il saggetto casesiano del 1955 su koeppen “pederasta”* perché *questo blog non è novella duemila*. e gli do anche ragione: il gossip sulle inclinazioni sessuali degli artisti è di pessimissimissimo gusto.

  134. NB. siccome francis renga mi ha scippato l’immensità a x factor, riprendo volentieri le mie iniziali lasciando le sue al carissimo dorelli.

    caro piero, sta nel fondo cases della normale. spero che il gestore non prenda ciò come un insulto, da allineare a quelli che già notturnamente invio firmandomi unfiosso

  135. – Il quattro (virgola qualcosa) per cento di post presenti su questo blog porta la tua firma.

    – Te ne sei andato tu, nessuno ti ha mai cacciato, nemmeno quando volevi imporre data, orario e frequenza di apparizione dei tuoi testi.

    – Non sei mai stato bannato, visto che continui imperterrito a commentare a tuo piacimento.

    – Non sei mai stato censurato, nemmeno quando era più che evidente che i pezzi erano solo pretesti per toglierti “qualche” sassolino dalle scarpe. E sapendo che, a me, di quei sassolini e di quelle scarpe non poteva fregare di meno.

    – Prova a spiegare a te stesso (non a me: non ho nessuna intenzione di risponderti ulteriormente) come è possibile farsi pubblicare da uno che, invariabilmente, ti censura (è l’accusa, tra il puerile e lo scatologico, che mi hai lanciato addosso qualche settimana fa).

    Va ancora bene, fin qua.

    Ma c’è un limite a tutto: tu non puoi permetterti, in nessun modo, come fai subdolamente nel tuo ultimo “commento”, di far passare l’idea di una delazione da parte mia nei confronti di terzi. Mi stai offendendo, e non poco: mai, e poi mai, ho fatto il tuo nome ad Anfiosso, quando gli ho comunicato, “correttissimamente”, che c’erano sei commenti contraffatti, col suo indirizzo, nello spam, e che solo per caso non erano apparsi.

    Chiedi conferma all’interessato: da persona onesta qual è, non potrebbe mai dirti il contrario. E se lui è convinto, poi, di sapere chi è il “buontempone” nottambulo, avrà le sue buone ragioni…

    E adesso, per cortesia, visto che, purtroppo per me, ho ben altri problemi per la testa, rispetto ai quali queste cazzate – che sarebbero già insopportabili in età infantile – fanno ridere e grattarsi anche le pulci, vedi se ti riesce di astenerti dal frequentare con nuovi commenti questo blog: l’unico posto della rete che non ti aveva chiuso le porte in faccia, anzi, te le aveva spalancate.

    Prova a meditare anche su questo, se hai tempo.

    fm

  136. @l lettore-passante: di un cases stalinista 1951-56 ha scritto per primo arbasino, cap. XLI dell’Anonimo lombardo, Feltrinelli 1959 (ma scritto nel ’56).

    veramente non ho insinuato niente: ho solo riportato un’insinuazione di anfiosso, così stupida che pensavo suscitasse l’ilarità del gestore. col quale avevo sancito inizialmente un patto assai chiaro: io gli passavo 1 pezzullo alla settimana, da pubblicare ogni venerdì, fino a quando il gestore non avesse bloccato un pezzullo (il quale pezzullo si distingue da un normale post per la brevità). Il gestore non mi ha mai bloccato un pezzullo, ma non ha rispettato il ritmo settimanale, per motivi verosimilmente legittimi. senza offesa, non ci son stato (si parva licet, penso che bocca avrebbe fatto lo stesso con l’Espresso).

  137. a chi volesse seriamente approfondire il tema, consiglio la lettura triangolare di:

    – L. Spitzer, Critica stilistica e semantica storica, a cura di A. Schiaffini, Laterza 1954;
    – C. Cases, Leo Spitzer e la critica stilistica (1955), ora in Il testimone secondario, Einaudi;
    -J. Stalin, Il marxismo e la linguistica, a cura di P. Togliatti, Ed. Rinascita 1952.

  138. mentre cases nel 1955 stronca spitzer, 2 marxisti anti-stalinisti come fortini e pasolini poco dopo mostrano di apprezzarlo assai (PPP in un articolo su “Palatina”, fortini in “Leggendo spitzer” poi inserito in Verifica dei poteri).

  139. ottima l’integrazione, @ditus.
    la posizione dogmatica di cases deriva dalla sua adesione prona a lukacs (il bottai di stalin) che esalta il realismo di th. mann contro proust e joyce: cases ci aggiunge solo gadda, nel ’57. mann muore nel ’55, onorato nella ddr col premio schiller. nel ’59 in italia fondano il centro th. mann, finanziato dalla ddr e sostenuto da cases (mentre il traduttore di schmidt viene espulso)

  140. Penso che db non abbia bisogno di essere difeso, ma qui fm non ha certo dimostrato imparzialità.

  141. Non credo si tratti di parzialità, ma di forma mentis: io ad es. nell’affaire tartaglia la prima domanda che mi è venuta in mente fu: quanto pesa il souvenir?
    e qui dunque non mancherò di segnalare di f. fortini “Lukacs in italia”, comparso dapprima nel ’59 su “officina”, poi inserito nel ’65 nella prima ed. di “verifica dei poteri”, tolto subito l’anno dopo dalla seconda ristampa e reinserito solo nell’ennesima ristampa del 1989. ovviamente su cases, sullo stalinismo di lukacs, sulla critica spietata a lukacs di adorno (quell’adorno che cases abbraccerà pochi anni dopo, mollando lukacs – e la russia per la cina)

  142. Nel 1954, anno della recensione diffamatoria a schmidt, cases legge di lukacs “la distruzione della ragione. la via dell’irrazionalismo da schelling a hitler”, sfornato caldo dall’aufbau-verlag, la casa ed. ufficiale della ddr. il testo uscirà in italiano da einaudi nel 1959, consigliato da tusaichi…
    un’anticipazione della distr. della ragione era uscita già nel 1949 in “studi filosofici” di a. banfi (non segnalata da fortini nel suo saggetto) – lo stesso banfi che a fine ’56 s’incaricherà di liquidare su “rinascita” gli intellettuali dissidenti del pci bollandoli di “anime belle”…

  143. * L’invenzione del futuro. Breve storia letteraria della DDR dal dopoguerra a oggi, a cura di Michele Sisto, Milano, Scheiwiller, 2009, 464 p.

    *
    Bibliografia degli scritti di Cesare Cases 1947-2009, in Atti della giornata di studio in onore di Cesare Cases (Torino, 24 novembre 2008), Alessandria, Edizioni dell’Orso.
    *
    «Scegliendo e scartando» ovvero «Spianare le strade al futuro»: la critica militante di Cesare Cases negli anni cinquanta, ivi.

  144. @.c.

    i 2 articoli che citi non mi risulta siano usciti (controlla comunque se è menzionata la stroncatura di koeppen). invece l’invenzione del futuro è un guaio. miletta brilli, archivista capo della normale di pisa, mi ha segnalato che m. sisto vi cita brani di una lettera di cases a cantimori senza segnalare la fonte. bene, miletta ed io soli sappiamo che la fonte è l’archivio cantimori di pisa, lei perché è l’archivista, io perché ho avuto il permesso di consultare e pubblicare. siccome sisto qui s’è presentato come luomobuono, sulla parola gli passai via e-mail la corrispondenza cases-cantimori, ma come ogni studioso serio sisto dovrebbe sapere che le fonti si citano: è luomociula, o luomociula son io che gliele passai per puro spirito ecumenico-scientifico?
    pleonastico aggiungere che pure questo blog è coinvolto nella faccenda, inquantoché la lettera saccheggiata da sisto è stata mesi dopo pubblicata per intero proprio qui.

  145. E’ l’ultimo commento che compare in questo post, diventato un vero e proprio monumento all’inutilità – elevata al rango di categoria dello spirito e di canone ermeneutico e storiografico.

    L’unica cosa che si capisce, ammesso che ve ne siano, è che si tratta di una bega accademica che riguarda poche persone, e che va avanti tra messaggini criptici e riferimenti cifrati, per addetti ai lavori. Bene, aprite uno spazio personale in rete e risolvete lì le vostre faccende; oppure, visto che vi conoscete, comunicate via mail e vedetevela tra di voi. Io non sono più disposto a concedervi lo spazio del mio blog.

    Pertanto, cancellerò inesorabilmente qualsiasi accenno futuro, anche in altri post. Lascio qui tutti i materiali, quale che sia l’uso che vogliate farne.

    fm

  146. Pingback: TYSM

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