Versetti della transumanza

Franco Arminio

non c’erano
tutte queste case
non c’erano cancelli,
l’erba cresceva
ovunque,
anche dentro di noi.
nel cielo
una mattina
una grande rondine,
le sue ali
come le corna
di una vacca
in volo.

Versetti della transumanza

si scendeva verso la pianura
e la pianura non veniva mai.
i monti partorivano altri monti.

l’aria di febbraio era così sottile
che si spezzava come si spezza un capello.

andare e poi tornare.
questo era il mestiere: cucire una terra
all’altra col filo del fiato.

svegliarsi nella paglia dopo aver sognato
la casa fresca di buon mattino,
spazzata appena con rami di rosmarino.

sopra gli appennini
la nostra carne era dura, come le tegole, come i muri.

da lontano le vacche erano vacche
e gli uomini farfalle.

quando viene la luce al mattino
quando senti che il cielo è tuo
quando il pane fa luce e fa calore.

al ritorno dentro la neve
dentro le nebbie
a volte si perdeva qualche vacca.

abbiamo altro che pensieri nella testa,
noi nella testa abbiamo freddo e luce.

non c’erano tutte queste case
non c’erano cancelli, l’erba cresceva
ovunque, anche dentro di noi.
nel cielo una mattina
una grande rondine, le sue ali
come le corna di una vacca in volo.

quando torno a casa ancora
non sono abituato alle persone.
per prima cosa guardo il gatto, le galline.

il muso delle vacche
non mi stanco mai di guardarlo.
mi fa pensare a qualcosa di buono,
di fatto bene.

delle vacche e delle pecore si pensa male
perché non danno brividi
come i serpenti o i topi.

soffro a vederle chiuse nella mangiatoia.
io le voglio vedere al vento
al sole.

le donne restavano a casa. è triste camminare
in mezzo al mondo senza di loro.

neppure noi siamo quelle di una volta.
io sono depressa. do un latte acquoso e grigio
che solo a vederlo mi fa schifo.

io sono la pecora nera, la pecora smarrita
tra le pecore di ferro della vita.

la discesa dalla montagna
e la salita.
la strada è segnata
sulla punta delle dita.

andiamo di fretta.
non ci accorgiamo
del profumo
delle noci fresche
dei fiori di ciliegio.

cambia il giorno
il tempo, il luogo:
vento pioggia cielo
paglia fango fuoco.

una mucca nervosa
continuamente sbaglia strada.
adesso si è persa in una casa
abbandonata.

l’inverno torna
in mezzo alla primavera
oppure il sole è troppo caldo.
la pelle è una capanna
di sudore e gelo.
così diventa vecchio
il giovane pastore.

nel fresco dell’alba
un piccolo uccello muto.

sull’altura
c’è un paese di vecchi
e grano ancora basso
alberi ormai secchi.

la prima neve ha vita breve
ma i cani non lo sanno
e mordono le vacche
sulle zampe.

16 pensieri riguardo “Versetti della transumanza”

  1. Arminio ci dice che stiamo vivendo un po’ tutti una transumananza errata, che siamo un gregge allo sbando, capi soli, senza fischi o richiami che sappiano ricomporci in una comunità, e ce lo dice con la sua voce che sa gli strappi che il silenzio apre in questo andare vuoto, e sa che è solo la voce, le parole che ne sono solo il suo segno d’amore, a cercare di ricucire ciò.
    Complimenti, di cuore. Fabio

  2. che buon ritmo, segue il passo di più “dimensioni-vite”, come a prendersi cura di esserlo, osservarlo, dimenticarsene, e poi ritornare a esserne parte, verrebbe da dire “compassionevolmente”. A mio avviso Arminio è un poeta molto attento, un poeta che cammina e commuove. Saluti.
    Giampaolo

  3. Grazie a tutti.

    Lucy, ti assicuro che i suoi libri sono tra le cose più belle pubblicate in Italia negli ultimi anni.

    Rimane un grandissimo scrittore, anche quando “gigioneggia” con tre versi su un blog per “vedere l’effetto che fa” :-)

    Basta ricordarsi di questo, ad esempio:

    le donne restavano a casa. è triste camminare
    in mezzo al mondo senza di loro.

    e si recupera subito la sua vera dimensione – la vita, nella sua dimensione più vera.

    fm

  4. i commenti pasquali sono pià preziosi
    vengono da persone che preferiscono cibare l’anima più che il corpo…..
    e poi in questo blog sono misteriosamente lontani i cretini che assediano altri blog

  5. Ciao, Franco.

    Se non si è cretini del tutto, anche la quantità – più o meno grande – di cretineria che ognuno di noi si porta dentro, svanisce come neve al sole di fronte a una sintesi fulminante come questa:

    andare e poi tornare.
    questo era il mestiere: cucire una terra
    all’altra col filo del fiato.

    Complimenti (anche) per questi “versetti”.

    Un abbraccio.

    fm

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