L’odore del pensiero

Lory Ginedumont, Tumulto reale, 2006

Carmine Mangone

Scrutare nel mio disincanto. Fare l’inventario delle delusioni. Accatastare in un angolo tutti i cattivi propositi, per poi dar loro fuoco, beandomi delle faville che siamo stati. Un modo tutto mio per purificare l’aria e seguitare a credere nel flusso – a credere in ciò che rimane e a condividere i miei giorni con chi resiste, persiste, s’innamora, s’addolora, con chi contorce e si torce contro la durata stessa delle cose.

Diventare un poeta irrimediabile.

 

da Ancora più destino

 

Chi attacca il mio passato non avrà spazio nel mio presente.
Se io attacco il mio passato non avrò spazio nel mio futuro.
Non rinnego niente. Neanche il mio male. Non potrei sentirmi umano, oggi, se sputassi sulle ombre.
Ma…
Posso ancora rincorrere un sogno. Riesco ancora a tenere reclusa la morte e a ridere del buio che mi caccio dentro. E se lo faccio, che diamine!, avrò sempre la mia giusta mancanza di ragioni a tenermi lontano dalle “idee fisse”!
Abbiamo bisogno del passato per saltare nel futuro.
Distanza? Fuga? Nessuna distanza, nessuna fuga. Mai più.
Riavvicinarsi alla fine per eluderla.
Ecco.

 

*

 

Non so più da che parte stare per smettere di palpitare. Non so più morire. La grazia di parlare con gl’occhi, le viscere, i bagliori d’un futuro senza progetto, senza paura.
La follia dell’amore che fu – rovesciata in un flusso incessante e irrefrenabile che mi porta a scavare nella mia stessa carne. Fino all’acqua, fino all’esplosione di una sorgente senza tempo.

 

*

 

Serbando ancora un briciolo di ritegno nel respiro, oggi ho detto di no ad una libertà senza cuore.
Mi sento come se avessi le tasche sfondate. Ma la dignità è un muscolo che bisogna esercitare. Sguardi tintinnanti, seminati lungo il cammino, mi ricordano chi saprò essere.

 

*

 

Il frutto dell’ultima carne rivive – ed io lo lascio gattonare felice anche negli angoli più bui della casa.
[ È come se mi portassi al guinzaglio, in giro per la mente, l’ingenua follia di un amore – giorni in cui anche termini come “amore”, “vita”, “morte” non riescono a soccorrere la definizione dei miei entusiasmi, delle mie sfide. Forse dovrei parlare di terminazioni, non di termini. ]
A porte e finestre divelte. Mi rifiuto di accettare il caso che mi farebbe morire lontano da me. La fine di tutto, è un’idea morale che mai avrà sede nelle mie stanze. Piena anarchia del sorriso, infine. Solo questo. Solo una predominante calda, qui, sul bordo del cerchio che è la mia vita.

[ acqua mossa di lascivia / ti prosegue / anche quando manchi ]

 

*

 

Ci sono segni che conservano la loro densità, i loro tegumenti – anche quando con l’andare del tempo figliano impercettibilmente un senso ulteriore assumendo altri cieli, altri accanimenti.
L’ostinazione sta nel cerchio che non si chiude. Disturbante la costanza del pi greco, non trovi? Ma certi vincoli non sono inscritti nel sogno che sbatto in faccia al mondo.
Ho sempre preferito le parole che recano in sé la follia dell’ago. Mai avuto paura di pungermi, né di smarrire il mio nord.

[ Con occhi così, tu affonderesti qualsiasi destino. ]

 

da L’odore del pensiero

 

1

L’uomo, entrando con passo sicuro, si è subito riconosciuto
nello specchio della hall.
Dietro di lui, col volto perfettamente truccato, la donna lo
segue a poca distanza.
– Ero stato vivo. Poi sono quasi morto. Dopo di che sono stato
ancora più vivo. Questo significa qualcosa, non credete?
Si guarda attorno. Quasi senza umanità. Finché non incrocia lo
sguardo della donna.
Lo specchio potrebbe frantumarsi. Tutti gli specchi dell’albergo
potrebbero andare in frantumi. Ma certi sguardi resterebbero
anche in un mondo senza specchi. Basterebbe la memoria, da
sola, a lastricare d’argento il grido di quegl’occhi.

 

*

 

2

– Anche il pensiero ha un suo odore, una traccia, un’insistenza
animale dentro la logica stessa, che non mi fa stare, che
m’impone un movimento assurdo, inarrestabile. Frenesia che
sconcerta, rapina. Cosa dovrei fare nel flusso di questi giorni
che non mi avranno mai del tutto? Come posso viverti senza
pensarmi?…
– Vieni qui. Non parlare più. Annusami fra le gambe. Anche la
mia fica ha un suo pensiero.

 

*

 

3

– Non scrivere per la scrittura. Scrivi per te stessa e solo per te.
Come un’amante furibonda, che è stata appena tradita da tutte
le parole.
– Tu dici? E se io invece ti interdicessi col bisogno lancinante di
un tramite fatto anche di parole comuni, di parole tirate fuori
dalla mia fica per te, continueresti forse a non dirci possibili pur
con tutti i tuoi bei discorsi in calce alla vita?
– La problematicità delle relazioni è un luogo comune flagrante,
ne convengo. E forse è proprio per questo che non facciamo altro
che cercare delle parole che possano dire la nostra relazione in
modo netto e sempre rinnovato. Compito immane, patetico, che
racchiude gran parte del senso che affidiamo alla cosiddetta
poesia, ma che ci pone oltre modo al di qua del possibile senso
buono, finché non riusciamo a far coincidere, nella nostra opera,
l’assoluto della materia e la sporcizia del cielo.
– Assoluto… sporcizia del cielo… Ma sai dove me lo caccio io il
tuo senso? Le luci in strada non ti rivelano per ciò che sei: un
passante inadeguato ai crimini indolori. Ancora molta strada,
ancora molto senso dovrà scorrere fra te e me. Credi di avere
sempre una possibilità di parola, e ne metti in pratica le
conseguenze con la stessa voce di un tempo, ma così facendo
non ti accorgi che perdi l’essenziale: poter violare la durata del
discorso e sospendere, in questo modo, il movimento della
morte.

 

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Testi tratti da:
Disturbante la costanza del pi greco, non trovi?
Inedito, 2011, rev. 2014.
Il testo integrale apparirà a breve in
Quaderni di Rebstein, LI, Gennaio 2014.
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***

8 pensieri riguardo “L’odore del pensiero”

  1. L’ha ribloggato su POCHI AMICI * MOLTO AMORE :: Il blog di Carmine Mangonee ha commentato:
    Ho donato a Francesco Marotta e agli amici del sito “La dimora del tempo sospeso” (che qui ringrazio fraternamente) una mia raccolta inedita di note poetiche, aforismi et similia. Scritture che risalgono al 2009 e che ho rivisto più volte negli anni scorsi. In qualche modo, si tratta di una ghiotta anticipazione del prossimo “Quest’amante che si chiama verità”.
    Nelle prossime ore, sempre sul sito della Dimora, potrete scaricare il pdf con l’intero corpus di frammenti. Buona lettura.

  2. ho intenzione di leggermi tutto con calma, stasera c’è festa in paese ma ….verrò a dirti la mia con grande entusiasmo…mi piace il tuo enfatico modo di porti!
    conservo ancora il libricino che mi hai spedito tempo fa…piccolo ma
    verace!:-)
    a presto
    C.

  3. Mi colpisce la scrittura come atto di egoismo, l’Ego riversato nei carteggi, senza pudore.
    L’odore del pensiero è un bellissimo titolo, esalta il dialogo a due voci, la parte femminile come istinto irrimediabile, che non può essere contenuto, che fa parte dell’essere in potenza. La parte maschile come il porsi di fronte cercando un rifugio, senza mai smarrirsi negli occhi dell’altro.
    [Con occhi così, tu affonderesti qualsiasi destino].
    Appoggio la sperimentazione creativa tra le parti, la simbiosi come atto di purificazione, dove lo stato mentale diventa proseguimento di terminazioni corporali.
    anche se l’odore va oltre…

    – Non scrivere per la scrittura. Scrivi per te stessa e solo per te.-

    ottimo consiglio!

  4. In realtà, cara Carla, mi considero un cattivo consigliere. Faccio già fatica a tenere il passo del mio pensiero o delle mie contraddizioni – che sopravanzano, s’impigliano nei giorni, fanno male anche alle parole -; figuriamoci se posso mai aver voglia di proporre soluzioni o anche solo dei blandi moralismi agli altri! Ho smesso da tempo di vessare il prossimo col mio poco talento.
    C’è invece un’ironia che è mia e che non mi stanco mai di manifestare. Ironia che qui già si afferma nel cortocircuito tra il titolo (mi riferisco al pdf) e le citazioni in esergo.
    Tutta la storiella si può forse sintetizzare in queste poche parole: se riesco a non chiudere definitivamente il cerchio della poesia (e dell’amore), evitando così che diventi un cerchio magico narcisistico, è solo perché ho rivolto lo specchio altrove. Certo, spesso ci gioco puerilmente a riflettere la luce del sole negli occhi di chi amo, ma è solo un modo (forse sadiano, chissà) per non farmi vincere dai coni d’ombra della quotidianità. Insomma, l’Ego c’è, parla, si manifesta, ma non brilla di luce propria, né potrebbe farlo, essendo l’impianto di “illuminazione” una questione collettiva. ;)
    Siamo unici, bien sûr, ma solo se le nostre relazioni riescono a difendere e a sviluppare orizzontalmente le nostre unicità.

    Un caro saluto a tutti (e un abbraccio a Francesco e a Natàlia).

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