Blakenhof ovvero I sopravvissuti – di Arno SCHMIDT

Il vento, il vento : veniva a lunghi solchi, la testa bassa da bufalo trasvolava, sopra Brands-Haide, sopra la strada transitata, ad altezza di collina sopra nessuna foglia : poi si gettò nello spiazzo, sprizzando ghiaia fino a noi; tuttavia rimanemmo saldi, le braccia scarne avviticciate, Lore, io, Grete.

 

“… è formidabile la sua capacità di mescolare dati e personaggi assolutamente quotidiani e “volgari” con una vertiginosa riflessione sulla Storia e sul nazismo, sulla grandezza e inefficienza della cultura e dell’arte per contrastare i mali del mondo.”
(Goffredo Fofi)

 

Arno Schmidt, Brand’s Haide, traduzione di Domenico Pinto, Sant’Angelo in Formis (CE), Lavieri Editore, 2007.

Blakenhof ovvero I sopravvissuti (pag. 23-25)

     A sera : Grete mi ha davvero procurato un tavolo, per 60 marchi;  domani lo portano da K. con il camion che omnibusa le operaie (omnibus, omnibi, omnibo, omnibum ecc.). Ero comodamente seduto nella calda camera e avevo accanto ai piedi delle nuove tavolette di legno (si fosse potuto chiudere gli occhi e dormire, che pace allora). Grete rammendava la stoffa di lana; e noi discorremmo di tutto il possibile, di Dio e del mondo, in particolare dell’ultimo. (Quando sarò morto deve solo venirmi a tiro qualcuno con la storia della resurrezione eccetera : gli mollo una pedata !)
     Mi misero a dura prova : soprattutto Grete, toccante come avesse fatto appello alla sua minima erudizione, e io suscitai la più profonda delle impressioni («Intellettuale» : lo considero un titolo d’onore : in fin dei conti è il carattere saliente dell’uomo ! Se tutti lo fossero, perlomeno le risse si attaccherebbero in punta di penna, o con la lingua. Sarebbe parecchio meglio !). Alla radio il canto di Rehkämpfer, mozartiano, fra campanelline cianciose (al diavolo queste idiozie !). Poi : «Accecalo col tuo riflesso . . . !» (È già accaduto !)
     Wilhelm Elfers : raccontai di Wilhelm Elfers e della radio : tu pensa, era il 1924. Dalla scuola elementare in Hammerweg andavamo dritto da lui, allegri, i pollici negli zaini, dalla periferia verso una giardinanza sempre più grande : diolodando la madre non c’era (si chiamava Marie; vedova d’un insegnante, alla sera concerti con i colleghi del suo defunto marito – oh, dove siete voi tutti : Kurt Lindenberg, Albert Lodz, il maestro Tonn; qualche volta vi mostrerò la vecchia foto dove sono in piedi sul gradino, il golfino rubizzo e grigio). Ecco, e lì sul tavolo aveva un piccolo garbuglio tecnico : una bobina di filo, un rivelatore, un filo di rame legato all’antenna, cuffie, il cuore mi sbatteva, oggi sto qui a Blakenhof : misi maldestramente le cuffie sulle minuscole orecchie – un lievissimo violino in chiave di grillo : tuttora vedo il tavolo con quella stupida tovaglia. La musica del Norag ceterava bassa bassa (Wilhelm andò al pianoforte, sapeva il pezzo, a dimostrazione turbinò all’impazzata sui tasti : lo disprezzai seccato, ascoltavo solamente, una voce seguitava inintelligibile; la musica tirò lontano – –). Allora mi levai le cuffie; qui a casa comprammo per 5 marchi e 40 una scatolina marrone grande quanto un palmo, tendevamo fili, ascoltavamo il Blaupunkt : dov’è più quel tempo; maledetto scorrere ! (La scatoletta ce l’ho ancora, come salvadanaio, dentro ci sono 20 marchi.)
     Perché non è possibile collegare gli altri al proprio cervello, affinché vedano le medesime immagini, immagini di ricordi, come noi stessi ? (Ma poi ci sono pure i miserabili che)
     Caffè : vorticavo col cucchiaio nel succulento decotto, conforto di Odino. Vi galleggiava un reticolo di schiuma, andava addensandosi via via che mescolavo, aumentai la rotazione, tirai fuori il cucchiaio dal centro dell’imbuto : dapprima mulinava soltanto un minuscolo disco di schiuma, bianco marrone, ancora privo di senso; poi il vortice attrasse le particelle più distanti : si disposero a forma di spirale, si fermarono per un attimo, vennero inghiottite dal disco sempre crescente : una nebulosa a spirale ! Perciò le nebulose ruotano : in ragione della loro forma ! – Feci vedere l’esempio; lo illustrai su scala cosmica; dimostrai per analogia la rotazione e la contrazione : scolai il tutto già freddo : «Conosce James Fenimore Cooper ?» Nessuno conosceva il grand’uomo; dunque me ne andai a letto; la sveglia indicava le 22 e 17 : il mio orologio l’hanno preso i tommies durante la prigionia perché rimanessi senza bussola (portava addirittura le ore; c’era un tale che ne aveva quasi 200 di queste bussole; era il 16. 4. 45 presso Vechta.)
     Sonno : insieme a Lore nelle strade di una grande città; camminavamo, aprendoci un passaggio nel dedalo di grandi magazzini, mano per la mano, la luce sfolgorava da infinite vetrine; i volti si confondevano; non lasciai andare la mano.
     Un po’ all’esterno : nella notte a chiazze c’era un bell’andirivieni, busy motion, l’alberaia agitata, il vento nelle nuvole : il vento, freddo, quaggiù.
     Schorsch (sedevo sullo scanno davanti alla porta, al sole). Stavo leggendo i manoscritti di Fouqué arrivati di fresco (dunque lavoravo), e lui che farneticava; discorsi spiccioli, come la 222, la lista rossa; creatura di coccio : chiamava «giavdino» le sue due piante da appartamento. E il tempo si era come impuntato; noi durammo molta fatica, eiris sazun idisi, come a un consiglio comunale. Un contadino fece la sua entrata dal soprintendente, col passo zuppo, come tirandosi dietro un invisibile carro di letame : doveva dichiarare un bambino, riferì Schorsch (conigli, lo dicevo !).
     «’Giorno, Lore !» disse il porco ! Avrei potuto strappargli le budella; mi afferrai al moncone di matita : maledetto cane; divenni glaciale, pensai alle più arabescate preuves de noblesse : non servì a nulla.
     Come esca : voltai la pagina, la lettera di Re Federico Guglielmo IV (tuttavia nel 1837 ancora principe ereditario), così si vedeva il sigillo, una bella patacca; tirai fuori dal taschino interno la lente graffiata e mi misi a osservarlo – (: se non funziona questo ! Oggi era arrivato il pacchetto del barone Fouqué, assicurato per 10.000 marchi : il postino diceva che non gli era mai capitato prima d’ora. You can’t have driven very far. Magari avessi un goccio di grappa; Apel forse la distilla : il Granvitelliere).
     Risoluta, piazzò una sedia nella luce folgorante. Si sedette : accanto a me ! «È qui che voglio lavorare !» disse (come Ondina : accanto a me ! !)
     Citai : «La vita non è che un soffio . . .» «Che cos’è ?» chiese dopo un momento il trasognato, allibito Schorsch. Gli ghignai con noncuranza, scuotendo il capo : «Nulla per lei; men che meno un motivetto orecchiabile : è già proprietà intellettuale di un altro. » Ma lui mi guardò fisso, e prese a mormorare assente : sperimentando. (Più tardi lo udii nel corridoio con un passo elastico – preparativi per il giretto in paese – che canterellava : «La vita non è che un soffio – da da da dada. Zum zum zum – zumzumzum», si accosciò davanti all’armadio, grufolò in cerca di calzature, riemerse di nuovo : «Sì, e dura lo spazio –». «Sì, e dura lo spazio – – !» – : «Sì, e dura lo spazio d’un : ma-tti-no !» – E io annuii del fatto compiuto : Be’, c’est ça. E povero Fouqué; oh, basta col macaco. S’intende Schorsch, ovviamente. E in più è un tifoso di calcio !)
     Alzai gli occhi : li rivolsi fiammanti verso di lei : «Antichissimo territorio francese» ribattei, e le provai che dal 1810 al 1813 l’Impero Francese si stendeva fin qui; il confine era la Böhme : vive l’empereur ! (Perché adesso non succedeva nulla ? Ma con un solo ricambio di biancheria non si può dire : io ti amo !). «Vedrà il mio libro non appena esce»; per prudenza le mostrai il contratto; lesse attentamente : toh, non ero una mésalliance ? !

***

2 pensieri riguardo “Blakenhof ovvero I sopravvissuti – di Arno SCHMIDT”

  1. Qui, da arnonauta, non posso che lasciare almeno un saluto riverente a uno dei più grandi e innovativi scrittori tedeschi del Novecento.

    E un grazie a Domenico Pinto, anche per l’impervio lavoro di traduzione (splendida) che si è sobbarcato.

    fm

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