Tutti i nomi di Manuel

Massimo Raffaeli
Manuel Cohen

Tutti i nomi di Manuel

Si potrebbe sospettare della nostalgia nel repertorio di figure (poeti, narratori, studiosi) che Manuel Cohen traduce in epigrafi scritte dal vivo o meglio in etopee, ritratti intellettuali e morali che ordisce come fossero le tessere di un suo privatissimo mosaico, le Marche, nel cui epicentro due nomi veramente grandi, quelli di Paolo Volponi e Franco Scataglini, tuttavia rappresentano in emblema la dinamica di una vicenda letteraria che non ha avuto eguali nel nostro paese. L’uno è l’uomo della “diaspora”, della fuga dal luogo odiosamato e sempre ritrovato nella mente e nei sensi, quasi per un suo doloroso interdetto, con amore lancinante e passione stravolta; l’altro è il poeta della “residenza” e cioè della domanda radicale che a ognuno chiede conto dell’essere qui e non in un astratto altrove, che impone d’essere fedele a se stessa e dunque al proprio spasimo di verità. Tutti i nomi che Manuel deduce dal passato prossimo stanno dentro una vicenda di continuo appaesamento e di corrispettivo spaesamento: così ricco di figure, se il mosaico può sembrare persino affollato è perché vi si indovina, dopo tutto, l’idea o l’ipotesi di una comunità. Sono tante voci che entrano in dialogo e via via si richiamano, non un gruppo strutturato ma piuttosto un coro di solisti imprevedibili. Perciò non è affatto questione di nostalgia: è il rimpianto, semmai, che nel qui-e-ora della dispersione individuale e del silenzio sostanziale, prende forma di pensiero dominante.

Manuel sta in ascolto, come impone l’etimo psicologico di chi esordì firmando Altrove, nel folto (1990), referto lirico di una contrastata appartenenza al proprio tempo. Prima che il ritratto ufficiale dei singoli autori, oggi gli interessa la voce dei suoi antichi e nuovi compagni di via: qui paga un debito di riconoscenza e la sua fedeltà diviene tale proprio in quanto riconosce i segni di un percorso comune. La plaquette che presenta con perfetta umiltà (ecco un tratto ulteriore, elettivo, della sua persona) realizza un inventario di vita e scrittura ma insieme predispone un questionario sulle cose prime e ultime della poesia, dove entra in gioco tanto l’origine spazio-temporale dell’esperienza quanto una possibile destinazione della parola. La chiarezza linguistica e stilistica di Manuel è di per sé una risposta. Come scrisse un maestro che amiamo, egli è un custode non di anni ma di attimi, perché non si limita a sfogliare l’album di presenze che il tempo ha magari disperso o portato lontano ma esige di parlare, sempre, a una comunità di amici o comunque di interlocutori veri. Il chiarore dei suoi endecasillabi (dove alla stabilità delle rime alterne corrisponde una totale varietà dell’assetto retorico, dalle posture più icastiche alle torsioni di una sintassi sinuosa, certe volte slogata) brilla in clausole fulminee, di sapiente esattezza. Sono lampi, gesti fissati in piena luce, ricordi, frammenti di un erbario tante volte accarezzato: cioè i vincoli di un amore ormai longevo ma, nello stesso tempo, i doni di un’autentica pietas rerum.

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La soglia plurale della restituzione e del dono

Il luogo della poesia è una soglia plurale dove infiniti volti sostano in attesa dell’atto della nominazione, del respiro che nel declinare inesorabile del tempo li strappa all’incombente oscura misura del crepuscolo e li restituisce alla comunione dei viventi, a un ordine antico come la sintassi della mente e del cuore, a una lingua fraterna che non soccombe alle ragioni del ricordo e della lontananza ma ne fa sostanza e voce del suo risorgente alfabeto. Un luogo di confine, una “marca”, una linea sottile dove domina l’interrogazione che strappa immagini e suoni alle labbra del silenzio, frammenti di una libertà che è la testimonianza e il fine di un’identica e radicale appartenenza all’umano: non il malinconico trascorrere di lacerti di assenza, ma la restituzione più piena al mondo, per sortilegio di parola, dell’architettura elementare di ogni esistenza.

Disegnando la mappa in versi del suo cammino singolare, dove ogni pietra, ogni angolo di strada, ogni lembo di un paesaggio familiare e segreto, ogni più intima sensazione è uno sguardo che si offre al rito di una visitazione antica, all’ascolto mobile di presenze affioranti dal reliquiario di affetti mai sopiti, Manuel Cohen ne prepara l’avvento nell’aperto della condivisione, nell’infinito tendersi di una lingua naturale che chiunque potrebbe adottare, nell’ospitalità di una dimora che qualunque pupilla potrebbe abitare. Egli rivive nei corpi perduti a cui restituisce, insieme alla parola, la misericordia di un gesto, un bisbiglio, un battito di ciglia carico di ironica saggezza o di mistero, l’esercizio filiale di chi ha imparato a sostenere da sempre il peso di ogni ferita e ne tiene con dolorosa levità e dolcezza gli orli slabbrati dalle stagioni: per riconoscersi nell’attimo di una comune vicenda, dove ai superstiti è affidata la voce del sangue, la benedizione del pane condiviso, le stimmate di un esilio e di un’appartenenza senza confini: una radura nella diaspora che ci dissemina, disarmati-mai-vinti, tra “le cose del mondo”.

È un dialogo ininterrotto, esperienziale, fatto di “incontri, letture, apparizioni, amicizie, frequentazioni”, tante tappe di un vissuto che reca le impronte delle possibilità esplorate, nell’inestricabile connessione di stati d’animo, di relazioni, di occasioni, di conoscenze, di legami e saperi che crescono senza calcolo, affidati a una parola trasparente come un dono, a un grumo sonoro che non richiede chiose alla sua irriducibile dicibilità, ma lascia trasparire e trascorrere tutta la sottile opera di ricucitura che il poeta le affida come un destino: quella di saldare le lacerazioni della lontananza o del distacco, di orientare ogni singola scheggia, in viaggio verso dove, al centro inequivocabile di un mosaico di affetti e radici, di vincoli e memoria, che ha i lineamenti precisi, incancellabili, di chi legge e di chi è letto: di chi scrive e, per ciò stesso, è scritto – dal segno tracciato dalla sua stessa offerta, dalle sillabe dello spazio interiore, colmo di voci, che lo dimora.

(fm)

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(Franco Scataglini)

“Ah le bare
vòte, de nisciun evo,
del cimitero Abrevo
portato via dal mare”.

(Franco Scataglini, Carta laniena).

Ancona, di notte, s’apre, ha scenari
luminosi, se ti inerpichi o se sali
a San Ciriaco, come a volte in estate
in attesa di salpare per i mari
slavi o per la Grecia. e c’è vita, ai fari
ai moli, ai lampioni, ai riverberi
che accendono le acque scaglie a scaglie
(tu sorridi, su profili letterari)

              caro Franco, ci vedemmo, in Ancona
              quella estate. stavi bene, eri sereno,
              riconciliato al mondo, e alle altre marche.
              quella sera, dopo la lettura,
              bevemmo tutt’assieme con Francesco
              e Massimo, la dolce tua Rosella,
              Umberto, Claudio , e Loi, era l’altro Franco.
              ti chiamai

Maestro

            , e tu, ridesti tanto

che fai?” afferro con le mani
la ringhiera del ponte di prua,
fisso oltre, l’alto, il monte
il cimitero sceso in mare,
il punto vivo, l’orizzonte
il porto di Ancona, il molo, il faro
la riviera del Conero, Sirolo,
Numana, rossovino, verdemare

E’ il cuore, è il cuore, che non ha retto

              con cui avete sentito, voi, pensato,
              un pensiero cordiale, Ercole, Paolo,
              Franco, col cuore avete ragionato
              scritto, vissuto, versificato.
              battito che avete usato e abusato
              fino a uno iato. ora, quel che resta,
            è parola, vera, concreta, onesta.

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Manuel Cohen, Cartoline di Marca. (2005-2010), prefazione di Massimo Raffaeli, postfazione di Francesco Marotta, Teramo, Marte Editrice, 2010.

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Una prima versione di Cartoline di Marca è stata pubblicata su La Dimora del Tempo Sospeso il 24 luglio 2009 in I Quaderni di RebStein (VII).

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Nota biobibliografica

Manuel Cohen Sulpizio è nato a Miglianico (CH) negli anni sessanta. Ha trascorso la parte fondamentale della sua esistenza a Urbino, quindi Pesaro, Roma e Bruxelles. È cofondatore con Marco Alloni, Salvatore Ritrovato e altri, di «Profili letterari» (1991-96), redattore di «Pelagos» (1991-…), della neo-dialettale «Il parlar franco» (2001-…), di «Ali» (2008-…) e di «Carte Urbinati» (Rivista di critica letteraria dell’Università di Urbino, 2009-…). Suoi versi ed interventi critici (su Baldini, Bellezza, Bellucci, Buffoni, Franzin, Fortini, Guerra, Luzi, Mancinelli, Neri, Pasolini, Piazzolla, A. Serrao, Socci, Volponi, Jabès, Jaccottet, la giovane narrativa d’Israele) appaiono in volumi miscellanei e su riviste («Argo», «L’area di Broca», «Atelier», «DiverseLingue», «Cartolaria», «clanDestino», «Confini», «Contemporart», «Graphíe», «Hortus», «La terrazza», «Origini», «Periferie», «Vivarte», «Verso», «Acte Sud» (Marseille), «Gradiva» (USA), «Sorgue» (Avignon), «Po&sie» (Bruxelles). Ha curato l’antologia poetica di Umberto Piersanti, Per tempi e luoghi, (Porretta Terme, I Quaderni del Battello Ebbro, 1999), gli scritti critici di Franco Loi, Baldini per me, (Villa Verucchio, Pazzini, 2010), i saggi di Maria Lenti, Neodialettali romagnoli e altri dialettali (Villa Verucchio, Pazzini, 2010); ha redatto i profili critici di Tolmino Baldassari, Gianni Fucci e Nevio Spadoni per l’antologia Poeti romagnoli del Novecento, vol. I, a cura di G. Lauretano e N. Spadoni (in uscita), ha inoltre prefato libri e opere prime (F. Ballarini, D. Basso, Franzin, Monti, Moscè, Teodorani). In poesia ha esordito nel 1984, segnalato da Mario Luzi, ed ha pubblicato la raccolta di versi Altrove, nel folto (a cura di Dario Bellezza, Roma, Ianua, 1990). È presente nel web dal 2009 con rubriche fisse su tre litblog: «Rebstein», con la rubrica di saggi e interventi Repertorio delle voci; «La poesia e lo spirito», con segnalazioni e recensioni in Essere tra le lingue. Viaggio nell’Italia neodialettale; e «Marche Cultura», con recensioni a La nuova poesia nelle Marche.

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31 pensieri riguardo “Tutti i nomi di Manuel”

  1. E’ passione civile anche questo connettere nomi che sono figure e voci del nostro presente o dell’appena passato. E questa lingua/poesia trova un’umanità a cui regala la testimonianza dell’essere presenza di un valore che è in primis valore umano, libertà di persone la cui voce ha voluto, saputo parlarci. Auguri a Manuel e grazie a fm come sempre.

  2. a me manuel cohen piace, è rassicurante. un poeta che rassicura, di solito è da rigettare: vogliamo la guerra, lo scompiglio, vogliamo essere sovvertiti e traditi. perciò stesso abbiamo spesso inghiottito poesia indigesta, brutta, cattiva. e zitti, ché a notarlo non s’era à la page! ma la poesia parla: molte lingue, ma le parla, ci parla, ci prende in mezzo. è questo: è questo! che chiamo poesia. manuel sa fare poesia di poesia. mi ha commosso stamattina il suo commento a FM su lpels.
    un amore.

  3. “ti chiamai Maestro, e tu, ridesti tanto”
    mi basta questo verso. Il resto Manuel lo sa. Qui posso dire che sono felice che le parole siano tornate a lui. E ancora lo abbraccio.
    Fabio

  4. A partire dal titolo del post

    indovinatissimo e molto bello
    che rappresenta i nomi delle “cartoline” sia come nomi -doni ” dello spazio interiore, colmo di voci “ di Manuel, sia come voci di un mondo intorno che “Manuel che sta in ascolto” restituisce di nuovo al mondo, dando/prestando loro la propria voce

    l’ottima lettura di Francesco, completa e puntuale nel dire del “mosaico” di figure come “ipotesi di una comunità” della quale Manuel coglie il battito d’ala sulla frontiera –marca-ringhiera
    (una qualche istantanea del qui e ora, ma già lievemente smossa come quei “riverberi /che accendono le acque scaglie a scaglie,
    già quasi –di nuovo preda della diaspora)
    attraverso – e utilizzo di nuovo la bellissima definizione di Francesco -“la restituzione più piena al mondo, per sortilegio di parola”
    “a una parola trasparente come un dono”.

    Il medium di una scrittura limpida questa di Manuel, belle le voci poesia che vi hanno dimora, e, naturalmente, altrettanto bella la Dimora :).

    ok, anche per il Chagall in copertina sul libro

    ciao!

  5. Carissimo Manuel, che dire delle tue “voci”? Per me, accompagnato da tanti “verbi” di amici, è un ritovarsi. Difficile scrivere qualcosa in merito. Ci sono troppo dentro. Ma certamente, più di altri, azzardo una mia opinione: nell’ apparenza di essere una elencazione poetica, schegge di memoria, frammenti, luoghi, situazioni, volti che ben conosco ( e un po’ mi commuovo) scrogo un ductus epico, insomma un filo molto forte di canto ( e cantabilità). Ed è questa “dote” che rende omogeneo e completo ( e pieno, anzi, rotondo) il tuo Poema.

  6. IL DISTACCO RIPARATO DELLA LONTANANZA

    Sì, alla fine, e alla fin fine, come scrive in posfazione Francesco Marotta, resta il “riconoscersi nell’atto di una comune vicenda” (comune in corsivo), quando “le lacerazioni della lontananza e del distacco” si riparano, in un segno, “colmo di voci”.
    E’ anche di questo che ci dice Manuel dicendoci insieme e apertamente di sé: “e tutta quella estate di traslochi? / su e giù per mezza Urbino”, “che proprio qui, no, non è aria / e che caldo, che fatica cara amica”.
    Mi ha detto Manuel che la scelta del dipinto di copertina, come sempre, inevitabilmente, non è stata semplice. Ma ora c’è, e ci resterà per sempre, “Sopra la città” di Marc Chagall; e a guardarlo bene, e a pensarci bene, è forse il dipinto più giusto che ci poteva stare: un gesto d’amore, in volo, nel distacco della lontananza che sarà riparato, dopo vent’anni, da un libro che si chiamerà e ora si chiama: “Cartoline di marca”.

    Un abbraccio Manuel
    Felice volo alle tue Cartoline
    Felice atterraggio loro

    Adelelmo

    (da Fermo, Marche del Sud
    un tempo dette in malo modo
    Marche zozze ma ora non più)

  7. Grazie a tutti, sono molto colpito.

    Parto da Adelelmo Ruggieri di cui ho appena letto una bella poesia scritta da Nelvio di Spigno e a lui dedicata.

    La foto di copertina la devo al gusto dell’amico Lucilio santoni che ha fortemente voluto stampare le Cartoline.

    Un grazie a lui, a Francesco Marotta sempre prodigo con me e il primo a metterle on-line. Un grazie ai miei amici critici Massimo Raffaeli, uno dei più raffinati filologi militanti in circolazione, e sempre Francesco: hanno detto il meglio e hanno fatto le sintesi perfette a un lavoro anche fragile.

    C’era e c’è, l’idea di un ricordo, ma anche di una sorta di bilancio e di congedo: i miei ‘Preparativi per la villeggiatura’. Ma oggi, posso dire, anche di ritorno nelle mie Marche.

    Ringrazio Guido Garufi, la sua storia singolare e defilata è per me un esempio. Come lo è stato il suo agire e lavorare sul territorio: la sua splendida rivista ‘Verso’, i convegni, le letture: la sua militanza nella difficoltà e nella chiusura dei piccoli centri. Il suo sopravvivere anche alla vicenda di remo Pagnanelli: una grande ombra, nella vita di molti di noi.

    Grazie a Margherita Ealla, che non conosco: ma il web ha questa potenzialità di avvicinare, di far ritrovare, o di facilitare scoperte e affinità. La sua lettura intelligente mi onora e lusinga.

    Grazie a Fabio Franzin, un fratello. Perchè anche lui sa e non c’è bisogno di aggiungere altro.

    Grazie a Lucypestifera: ci ritroviamo ogni tanto, e sono veramente emozionato dalle tue parole.

    Grazie a Nadia Agustoni, una poeta vicina e amica (nonostante i miei silenzi): una lettrice sensibile e acutissima.

    Grazie ai molti che mi stanno scrivendo privatamente. Avevo più di un timore a uscire con un libro così: facilmente si può essere fraintesi, e facilmente si rischia di deludere, specie se un po’ tutti ormai ti considerano un piccolo critico. ciao.m,

  8. Io penso che tu sia un grande critico. E per questo sono ancora più felice che esca questa raccolta, perchè raccogliere e interiorizzare è un passaggio difficile, che pochi sono in grado di operare. Tu sì.
    Un caro saluto a te e fm.

    Francesco t.

  9. Ecco, Manuel: un Francesco (t.) ha scritto quello che un Francesco (m.) stava per dire.

    Un saluto a tutti, in particolare a Guido Garufi che leggo qui (con grande piacere) per la prima volta.

    fm

  10. Grazie a Manuel e a Francesco per la bella prefazione e i nitidi versi di memoria.
    Confesserò a entrambi che Scataglini è una mia grande passione e che le Marche sono la terra di origine della mia famiglia.
    Un saluto a Guido, che conobbi insieme a Filippo Davoli in alcune belle ( e lontane) serate maceratesi.
    Marco

  11. Il passaggio di Marco Ercolani è molto gradito: una sensibilità letteraria eccellente. grazie, di cuore.

    Francesco Tomada appare tra i nomi menzionati all’inizio della plaquette, e questo perchè il suo commento alle prime cartoline uscite su rebstein fu particolarmente centrato. Grazie, e spero di incontrarti presto.

  12. la cosa che più sento, nel ritmo, è l’importanza data alla prima parola del verso, quasi più dell’ultima, l’enjambement non basta a giustifcare questa scelta: c’entra l’ebraismo o è solo una mia, non rara, delirante supposizione?

    un abbraccio e un augurio a tutti per l’anno che verrà.

  13. Una domanda “intrigante”, Stefano. Sono curioso di leggere quello che risponderà Manuel quando sarà in linea.

    Ciao, auguri.

    fm

  14. Ciao Stefano, parte del segreto sta nel nome. E nell’affidamento alla sua autorità. Questo, naturalmente, come ben sai, ha un valore assoluto nella cultura ebraica: tutto è nel nome, e nei nomi è la preminenza di memoria, rappresentatività, identità. Pensa alla Bibbia, alle lunghe elencazioni e nominazioni, autentiche genealogie, la patristica delle famiglie o tribù. In piccolo e laicamente quello che faccio nella terza parte della plaquette: ‘Dietro la siepe (tutte le voci): cioè tutti i nomi, una lista finale e incompleta di 117 voci della cultura marchigiana…

    Nomen omen: La parola Ancona ha vari significati: quello della città ha matrice greca e indica la torsione a gomito della città che si gira da un lato verso il promontorio del Conero… Ma trovo un’altra origine e radice, che da sempre trovo suggestiva: ‘una tavola dipinta da altare’, e così un po’ la vedo, ieratica e sovrastante dall’altezza della cattedrale di San Ciriaco. Dare i nomi, dire i nomi: viverli, ricordarli, essere quei nomi, laicamente, quel nome.

    Grazie, e buon anno. m.

  15. Ancona, di notte, s’apre, ha scenari
    luminosi, se ti inerpichi o se sali
    a San Ciriaco, come a volte in estate
    in attesa di salpare per i mari
    slavi o per la Grecia. e c’è vita, ai fari
    ai moli, ai lampioni, ai riverberi
    che accendono le acque scaglie a scaglie
    (tu sorridi, su profili letterari)

    Caro Manuel,
    che emozione questi versi che mi riportano agli anni anconetani (fino al ’73), al duomo dove si andava nelle sere afose d’estate, la bella vista sul porto, da decenni mutilato di un bellissimo molo: la Lanterna verde, coi capanni dei pescatori; e il Passetto a due passi dal Conero, con la scogliera a strapiombo sotto il monumento ai caduti. Ma la più bella vista era da Posatora, sul golfo, dove al canto delle cicale si ammiravano le stelle cadenti , i fuochi d’artificio.
    Bellissima rievocazione di Scataglini: “…col cuore avete ragionato/scritto, vissuto, versificato./battito che avete usato e abusato
    fino a uno iato. ora, quel che resta,/è parola, vera, concreta, onesta.”
    Grazie. Un saluto e carissimi auguri di buon anno a te, a Francesco, a tutti.
    Giovanni

  16. Caro Manuel, non bisogna mai temere di mostrarci per ciò che siamo: cioè tante, tantissime, infinite cose. Pensiamo a Picasso, alle mille cose che ha fatto, indifferente sempre a ciò che si poteva pensare di lui, addentrandosi in tanti diversi linguaggi. L’essere ottimo critico e poeta, va tutto a tuo (e, forse, ancor più nostro) vantaggio. Un grande grazie per ciò che fai.

  17. manuel è nitido, acuto, preciso (e perfetto nella sua essenziale rocciosità) come una punta di freccia preistorica. Grazie, manuel, del dono della tua poesia, rara fra l’altro. E grazie a chi ci crede e la diffonde.
    Un caro saluto con la speranza di vederci presto.
    luca

  18. caro Manuel, sono contenta che il libro sia uscito! E’ un bell’inizio-fine d’anno. Aspetto di rileggerlo anche sulla carta. E poi sarà il tempo delle altre tue poesie depositate negli anni… Finalmente!
    un abbraccio

    Franca

  19. Un assaggio di queste ultime poesie, mesi fa. Aspetto di leggerle: ci sarà Manuel, con la sua profondità che gira l’angolo. D’altronde, ricordo (ed avevo recensito) “Altrove, nel folto”.

  20. Mi riprometto di comprare questo libro che mi sembra assolutamente emozionante e intrigante.
    un saluto a manuel e francesco

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