La tenacia di Alaye

Yves Bergeret

La tenacia di Alaye

 

Il testo originale
La ténacité d’Alaye
è su Carnet de la langue-espace.
Versione di Francesco Marotta.

 

 

Ora tutto diventa più chiaro.
Dieci anni fa aveva attraversato il mare
con la vivida tenace speranza
di rinascere assolutamente, senza sapere come,
di rinascere ovunque da alluvioni e fango.

Ma era finito vittima di trafficanti
e poi di mafiosi da quattro soldi
e poi di ipocriti molto più subdoli
che lo anestetizzavano travisando parole
come fraternità, condivisione, compassione.
Era davvero insopportabile,
qualcosa di appiccicoso come una ragnatela.

 

*

 

 

Troppo disponibile per cinque anni,
troppo felice di essere in vita,
ha sopportato i fili della ragnatela
e ha taciuto per proteggere i suoi poveri,
impazienti e disorientati fratelli di viaggio.

Poi per altri cinque anni
ha tagliato i fili uno ad uno.
E una mattina ha aperto un buco,
attraverso il quale si è riversato il vento.
Un buco in un muro che era davanti a lui
proprio contro la sua fronte.
Non si era mai accorto di quel muro in precedenza
e ora la sua testa era libera.

 

*

 

 

Con una preghiera, un pensiero, un’intuizione
e una visione audace come la parola di un poeta
il decimo anno si è infilato tutto intero
in quella breccia ed è volato via.
Forse è saltato, ma non ci sono state cadute.
L’aria non era fredda,
l’aria era inebriante come un albero
in primavera, brulicante di api.
L’aria era chiara
e lui ha davvero scoperto la liberta’.

 

*

 

 

Essa è un vento che viene e che va,
parole ferme e chiare le danno l’ossigeno
che i traditori fanno fatica a respirare.
Ma egli scopre la grammatica di questo vento
e impara come nel suo soffio le montagne prendono forma,
come si può insieme a lui modellare
il profilo delle città e sollevare il peso
del grande lavoro della vita.

Perché tutti qui creano uno spazio per il loro nome
e per il loro corpo. Tutti creano il giardino operoso
della parola aperta, dove crescono erbe,
alberi e piante di cui ognuno si nutre e nutre i suoi cari
e i suoi fratelli lontani, da una parte e dall’altra dei mari.

3 pensieri riguardo “La tenacia di Alaye”

  1. Ribadisco la mia convinzione di dover leggere questi “poèmes” di Yves Bergeret seguendo due binari paralleli: l’uno è quello storico e umano di un’immersione totale e consapevole negli accadimenti di questi anni, di una partecipazione sia affettiva che psicologica che storicamente cosciente ai destini dei personaggi; l’altro è quello di un rinnovamento della forma “epica” che, tra XX e XXI secolo, viene riproposta in questa scrittura in modo originale e inatteso, per cui persone in carne e ossa, storie di vite che accadono in questi giorni, mesi, anni diventano una narrazione epica priva di tentazioni estetizzanti e di orpelli letterari, ma, sempre ispirata dall’oralità che Yves ha imparato a far propria, si esprime con la forza disarmante della lingua e del ritmo, oltre che dell’immaginazione. Francesco Marotta segue con quella che vorrei chiamare fedeltà questo percorso, ma prego di non dimenticare che nelle versioni in italiano abbiamo l’occasione di ascoltare due voci che consuonano: quella di Yves e quella di Francesco. Aggiungo soltanto che i testi qui proposti posseggono anche la caratteristica di continuare “Carène” che si conferma quindi un poema non concluso, ma aperto e generatore di nuova poesia.

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