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Distratti vinceremo

Paulo Leminski

Transpenombra

tempesta
che passa
ma lascia i petali intatti
sei passata in me
le tue ali aperte
è passata
ma sento ancora un dolore
nel punto esatto del corpo
che la tua ombra ha toccato
che razza di dolore è questo
che quanto più duole
più ne esce sole?

“In ognuno di noi esiste ciò che si chiama “comprensione immobile”. Questo devi esercitare. Immobilità non vuol significare essere come una pietra o un tronco d’albero senza intendimento. La comprensione immobile è quanto di più agile vi sia al mondo, pronta a intraprendere ogni possibile direzione e non ha essa alcun punto su cui sosta. Immobile vuol significare senza eccitazione, non fissare né trattenere l’attenzione sopra un unico punto, in tal maniera impedendo ad essa di dirigersi su altri punti che in continuazione si susseguono. La v’è un albero con molti fusti e rami e foglie. Se la tua mente si limitasse a una di quelle foglie, non potresti tu vedere tutte le altre, mentre ne vogliamo vedere la totalità. Perciò, non dobbiamo trattenerci in alcun punto che tolga integrità alla sequenza dell’esistente.”

Paulo Leminski
Distratti vinceremo
(Destraídos venceremos)
Cura e traduzione di Massimiliano Damaggio
Forlimpopoli, Editrice L’Arcolaio, 2022

Su “L’Arresto” di Gabriele Gabbia

«Scrivere perde sempre più di significato, ma è vero che non possiamo che continuare a fare tante cose altrettanto e più ancora destituite di significato. Mi sembra che il libro resti il messaggio nella bottiglia del nostro naufragio.» (Sergio Quinzio)

Gianluca Bocchinfuso

L’indagine poetica di questa seconda raccolta di Gabriele Gabbia parte dalla foto di copertina. Un uso del linguaggio non verbale che simboleggia un cerchio luminoso e sbarrato, attorniato dal buio pesto. La foto, di Alessandro Gabbia, è essa stessa premessa alle poesie dell’autore: una via di accesso ad una raccolta con delle scelte tematiche in cui l’indagine dell’io mette al centro la caducità della vita umana e le parabole di oblio che l’attraversano. La luce è sbarrata; attorno non ha nulla. Quasi fosse simbolo di un viaggio terminato lì, dove non trova più aneliti di libertà e di contatto. Uno spostamento verso il buio, l’ignoto che si raggiunge nel perenne movimento che dall’alto, repentinamente, raggiunge il basso. E tutto si smarrisce. Perde forma, meta.

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Ricerca di una nuova casa

Antonio Pibiri

              il mondo uno scenario
              nel rumore di fondo del cuore
              grande come un’isola
              che dà riparo al cielo

              Y. Bergeret

             

            Si fa strada da sé il bosco.
            Non rimane che separare la pioggia
            con le mani, l’odore di ozono, di fulmini
            spezzanti gli incensi.
            L’aglio in bocca per respirare
            ha il gusto della parola,
            ritorna,
            filtra da sotto il dominio lichenico
            da me che vanisco

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            L’arresto

            Gabriele Gabbia

            “La poesia di Gabbia ci porta là dove le cose non sono ancora schiacciate dal peso di un nome immutabile. La libertà del nome è libertà da ogni vincolo sociale. È libertà dalle aspettative di ciò che ci circonda. Ci induce a educarci al linguaggio della physis, in cui non vi è nulla da interpretare, perché tutto si mostra nella sua esuberante manifestazione. È «l’immane movimento della vita».” (dalla postfazione)

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