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Comune presenza

(da: La luce della candela)

Sei impaziente di scrivere come se fossi in ritardo sulla vita. Se è così accompagnati alle tue sorgenti, affrettati. Affrettati a trasmettere la tua parte di meraviglioso, di ribellione, di bene. In effetti sei in ritardo sulla vita, la vita inesprimibile, la sola alla quale desideri veramente unirti, quella che ti è negata ogni giorno dagli esseri viventi e dalle cose, alla quale strappi a fatica qualche magro frammento qua e là al termine di spietate battaglie. Fuori di essa tutto è sottomessa agonia, miserabile fine. Dovessi incontrare la morte nel corso dei tuoi travagli, accoglila come fa la nuca sudata col fazzoletto asciutto e chinandoti, se vuoi ridere, offri la tua sottomissione, mai le tue armi. Sei stato creato per vivere momenti poco comuni. Modificati, sparisci senza rimpianto, in balia del soave rigore. La liquidazione del mondo prosegue quartiere dopo quartiere senza pause, senza distrazioni. Disperdi la polvere, nessuno scoprirà la vostra unione.

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Rodin

(da: Erbe aromatiche cacciatrici)

Ho accompagnato per molto tempo questi camminatori. Mi precedevano o tergiversavano, balbettando e sobbalzando, grazie a un turbine che li manteneva sempre in vista. Non avevano fretta di arrivare al porto e al mare, di consegnarsi all’arbitrio smisurato del nemico. Oggi la lira a sei corde della disperazione che questi uomini hanno costruito, ha cominciato a cantare nel giardino pieno di nebbia. Non è improbabile che Eustache il devoto, il chimerico, abbia intravisto la sua vera destinazione, che non si calcolava in attimi di terrore ma in un respiro lontano dentro un corpo costante.

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La presenza di Orione nell’opera di Char (2)

E ora se tu avessi il potere di dire l’erba aromatica del tuo mondo profondo, ricorderesti l’artemisia. L’appello al segno vale la sfida. Ti distenderesti sulla tua pagina, ai bordi di un ruscello, come l’ambra grigia sulle alghe arenate; poi, a notte alta, ti allontaneresti dagli abitanti insoddisfatti, per un oblio che serve da stella. Non sentiresti più gemere le tue scarpe sfondate.

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La presenza di Orione nell’opera di Char (1)

«Salendo sulla collina che si vede in lontananza, proprio sullo sfondo del quadro, e già toccata dai raggi del sole nascente, il sentiero che Orione sta seguendo riaffiora come una linea sottile, chiara e tortuosa. Sembra, però, che il gigante non debba mai giungere fin là, poiché man mano che il sole si alza nel cielo le stelle impallidiscono, svaniscono, e la gigantesca sagoma immobile dai grandi passi si affievolisce poco a poco, scomparendo nel cielo pallido […]»

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L’eternità a Lourmarin (dalle “Nature indivisibili”)

Non esiste più né linea diretta né strada illuminata che mi leghino a colui che mi ha appena lasciato. Contro che cosa va a stordirsi il mio affetto? Cerchio dopo cerchio, s’egli s’avvicina è per subito allontanarsi. Talvolta il suo viso viene ad appoggiarsi al mio: e suscita soltanto un gelido lampo. Non esiste più da nessuna parte la giornata che prolungava la felicità tra lui e me. Ogni parcella – quasi in eccesso – della sua presenza si è all’improvviso dispersa. Abitudine della mia vigilanza… Tuttavia quest’essere venuto meno perdura in un qualcosa di rigido, di deserto, d’essenziale in me, dove i millenni vissuti insieme formano soltanto lo spessore d’una palpebra chiusa.
Ho smesso di parlare con colui che amo – eppure non è il silenzio. Che cos’è allora? Lo so, o credo di saperlo. Ma soltanto quando il passato, che ha un significato, s’apre per lasciarlo passare. Eccolo alla mia altezza, poi lontano, davanti.
Nell’ora nuovamente raccoltasi – allorché interrogo tutto il peso dell’enigma – all’improvviso comincia il dolore, quello del compagno per il compagno, che l’arciere, stavolta, non sa trapassare.

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Perché ci resti l’albero

Sédentaires aux ailes stridentes
Ou voyageurs du ciel profond,
Oiseaux, nous vous tuons
Pour que l’arbre nous reste et sa morne patience.

Sedentari dalle ali stridenti
o viaggiatori del cielo profondo,
noi vi uccidiamo, uccelli,
perché ci resti l’albero e la sua mesta pazienza.

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René Char, Fête des arbres et du chasseur
(Festa degli alberi e del cacciatore),
“Quaderni di Traduzioni”, vol. LXXIX, ott. 2022.

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