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Da un’eternità passeggera
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partirsi per poco
dall’inesorabile obbligo
che tradisce il segno
in minuziosi spazi
di lacustro –
tornare al silenzio
del lume ininterrotto
che veglia la pagina
e geme nel viola
dei suoi accenti di deserto
trovare requie
in lettere mai evase,
in sussulti di risposte
disattese,
cercare altri numi,
indecifrabili
a ogni meraviglia di speranza
Da un’eternità passeggera
Novi Ligure, Joker Edizioni,
“I libri dell’Arca“, 2024
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La ruota della vita
Sentiero costiero
L’inutilità del profilo
La mano del fuoco
Passi sulla battigia
Abitare lo spazio
Genesi
Palmo trasparente
E se Ahmed si guarda
Mérens sull’altopiano
Mérens
Il viaggio in Islanda
Salmodie
Guanti da fuoco
Dea Culpa
Breviario per l’anima stanca
Apologia per l’anima mia stanca
chiedo venia a destra e a manca:
il senso pratico – del cilicio
[deprecor significa sacrificio]?
Basta mi penta in ginocchio sui ceci
per tutte balorde scelte che feci
sciolte – dal corpo, Teriaca del desco:
l’inutile greco! Non parlo tedesco;
scusate se non studiai medicina
se non canto per la sana autostima
s’in fabbrica non mi spacco la schiena
se il mio lavoro è una messa – in scena.
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Ginevra Ballati – Chiara Daino
Dea Culpa. Breviario per l’anima stanca
Pistoia, Ursa Maior Edizioni, 2023.
Recensioni di Franco Pezzini
e di Claudio Fulvio Bernardi.
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Spartito per Clizia
Silvano Martini
Nello stratificato e complesso testo di Silvano Martini non si può che penetrare per gradi, attraversando una soglia paratestuale che è anche una bussola particolarmente densa di riferimenti e indicazioni di metodo e contenuto. La Clizia del titolo, come già rilevava Frediano Sessi in una “Nota critica” inclusa nella prima edizione Anterem del testo (1986), convoca immediatamente dalla tradizione letteraria, ab origine, la ninfa di Ovidio e il suo tragico amore per il dio del sole e, a seguire, l’omonima commedia di Machiavelli. (…) E mentre vado alla ricerca di una definizione che sia calzante per le opere di Martini e il loro portato così profondamente innovativo (“non-romanzo”?, “romanzo assente”?, “romanzo liquido”?…), mi sovviene che “definire” è fermare, fissare, circo-scrivere, ovvero l’esatto contrario di quel vagare e aprirsi rizomatico tanto auspicato dal nostro autore. Chiara Serani
Al poeta, potrebbe dire Martini, spetta il compito estremo di dare voce al farsi evento della lingua-inconscio, in cui appunto io e mondo vengono ad esistere nel profondo del vissuto tramite il linguaggio, quest’ultimo colto nel suo elemento sorgivo, desiderante, ante-rem, ossia prima che si irrigidisca in significato condivisibile. Per Martini dunque, e per la schiera di poeti che abbracciano questi presupposti, non si tratta di pronunciare la verità del vissuto secondo le gerarchie della comunicazione, filosoficamente riassumibili nelle categorie kantiane dell’intelletto (unità, molteplicità, totalità; realtà, negazione, limitazione; inerenza e sussistenza, causa ed effetto, reciprocità; possibilità-impossibilità, esistenza-inesistenza, necessità-contingenza), bensì di metterla in essere nella catena di significanti che la lingua-inconscio decide di portare nell’aperto della parola, in un’oscurità spiazzante per chi legge ma anche per chi scrive. Stefano Guglielmin
Silvano Martini, Spartito per Clizia,
Verona, Anterem Edizioni, 2023 (prima ed. 1986)
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