(da: “La Foce e la Sorgente“, II, 2)
“Sembra che egli si sia sforzato di creare fra se stesso, i suoi amici e il resto degli uomini un fossato, ma non poteva far sì che la tendenza e il vago stato d’animo del surrealismo conservassero il loro valore originario. La messa in opera dei princìpi non ha mai potuto assumere una forma rigorosa (sarebbe stato contrario ai princìpi stessi). E soprattutto veniva riservata a una categoria assai ristretta di persone. Il gruppo surrealista ha unito quasi solo scrittori e pittori, e questo era ovvio, essendo in causa l’espressione. Ma ne consegue che l’istanza in senso stretto, il gruppo, non rappresenta, all’interno di un movimento o di un’aspirazione generale, un nucleo intangibile: non potrebbe esserlo senza che la disciplina e il rigore gli conferiscano una definizione formale. A dire il vero, l’introduzione del formalismo è, in questo caso, tanto più ardua in quanto presuppone un uso delle parole opposto a quello surrealista. La difficoltà di fondo si manifesta allora nella forma di un dilemma. Il surrealismo è uno stato d’animo impersonale, ma si costituisce negando il valore supremo delle categorie del linguaggio, poiché ha in orrore i modi di vita resi espliciti dal discorso. Tende a sostituire a quest’ultimo dei mezzi di espressione che gli siano estranei. Ma in queste condizioni è costretto a limitarsi ai pochi uomini che dispongono di mezzi espressivi sufficientemente ricchi da poter fare a meno del miserevole discorso. Al tempo stesso, li priva della possibilità di ricorrere al formalismo verbale che, a quanto pare, sarebbe l’unica forza capace di unirli. È difficile misurare umanamente l’impotenza di chi rinuncia al linguaggio discorsivo. Il surrealismo è la mutezza: se parlasse, cesserebbe di essere ciò che ha voluto essere, ma non parlando ha potuto solo prestarsi ai malintesi, e si è trovato persino nell’impossibilità di rispondere all’esigenza primaria che gli era toccata in sorte: quella di rappresentare un’istanza impersonale.” (…)
(Georges Bataille, traduzione di Giuseppe Zuccarino)
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