Archivi categoria: stefano guglielmin

Ciao cari

Elio Grasso

Nota di lettura a:
Stefano Guglielmin
Ciao cari
Milano, La Vita Felice, 2016

La poesia in questo libro viene meno di fronte alla vita rievocata in cento rivoli? Nient’affatto. La poesia scende come un’affermazione, talvolta stridente al cospetto della morte, ben organizzata, di realtà ferrea, quasi imposta dove le scintille esistenziali iniziano a disperdersi. Discorde alla mancanza di volontà, alle energie sottratte, all’aria tesa dei tempi, tutto l’armamentario delle menti (migliori e peggiori) di varie generazioni scende in campo dalla nascita all’estinzione. Il saluto del titolo è incontrovertibile, rende dipendenti da ricordi ed esperienze, l’autore sa d’essere un LED oscillante tra presente e passato. Continua a leggere Ciao cari

Antidoti, 1

Joel Robinson

Antidoti: un personalissimo ricettario di sostanze verbali medicamentose e di formule apotropaiche che utilizzo come prevenzione, lenimento, cura disintossicante e terapia immunizzante nei confronti della monumentale, cialtronesca superfetazione poetica dilagante.

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Canone e finitezza

Stefano Guglielmin

Su questo sito si è già parlato più volte di Senza Riparo – Poesia e Finitezza di Stefano Guglielmin, e fra gli articoli dedicati all’autore scledense è possibile trovare ampi stralci della prima parte del volume. A distanza di qualche tempo (il volume venne pubblicato nel 2009) trovo necessario riprendere in mano il discorso spostando l’attenzione sulla seconda sezione, quella in cui Guglielmin affronta il problema del canone in poesia. La sua notevolissima statura di critico gli consente, infatti, di costruire un percorso finemente rielaborato ma saldamente poggiato su riferimenti storico-culturali comuni, ed al tempo stesso di rendere evidenti alcune considerazioni che in molti sono presenti in forma embrionale, ma senza questa consapevolezza e coscienza. Continua a leggere Canone e finitezza

Blanc de ta nuque

Stefano Guglielmin

A poco più di due anni di distanza da Senza riparo. Canone e finitezza (Milano, La Vita Felice, 2009), un’opera complessa e affascinante nella quale l’autore ha cercato con coerenza di disegno ed esiti convincenti di far interagire, in un dialogo intenso e serrato caratterizzato in primo luogo dalla sistematicità e dal rigore della lettura e dell’analisi, le istanze teoriche che muovono la sua ricerca critica, ormai più che decennale, e un certo numero di scritture esemplari dell’odierno panorama poetico italiano, Stefano Guglielmin pubblica ora, con Blanc de ta nuque. Uno sguardo (dalla rete) sulla poesia italiana contemporanea (Bologna-Milano, Le Voci della Luna-Dot.com Press, 2011) l’intero repertorio di note, riflessioni, saggi, interventi elaborati, prodotti e resi disponibili in rete sull’omonimo blog in cinque anni di attività militante.

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Il libro di Vaan

Tonino Vaan
(Antonio Vasselli)

La realtà, mercificata, ridotta a una corrente di onde, flussi informativi ridondanti, sembra trasmettere un unico concetto. Stranamente questo concetto riguarda il corpo, sia in quanto oggetto del messaggio, sia in quanto ricettore dello stesso. All’interno di queste forbici si aprono innumerevoli diramazioni, in cui il corpo è ora passivo, ora attivo, ora produttore, ora fruitore. Nel paesaggio virtuale disegnato da codeste correnti traverse, s’instaura, eppure, un dialogo con varie voci, provenienti dai quotidiani o dai libri di poesia, le quali, innestandosi in tale immateriale tessuto, fungono da depistatori, da antidoti al rumore prodotto dalla comunicazione massificata. Sarà proprio questo tessuto sfrangiato a distendersi sui dati esistenziali, sui non-eventi “una gomma masticata alla finestra. / nell’uso smodato della sera”. Proprio durante un non-evento può capitare di sentirsi soli e, dunque, forse vi è la possibilità che queste voci, tutte, finalmente, si spengano, che il corpo assurga a unico soggetto legiferante, che le sue reali necessità si impongano. Continua a leggere Il libro di Vaan

Dentro l’abisso luccica la storia

Antonella Pizzo

La nuova silloge di Antonella Pizzo è un pegno d’amore, giuramento smisurato in cui luccica una storia. Non vi sono strapiombi impraticabili contrariamente al titolo ma visioni, intermittenti e lucide contrade che baluginano di senso.
L’eterno conta le vittorie con numero appositamente creato | un limite che ha stabilito prima di un prima mai esistito e l’io, puntiforme e finito, lascia così il posto all’anima, un’abitazione profonda che sa attraversare la conoscenza delle cose e di sé. Mi chiamo mi solluchero mi corrispondo | mi intingo in estasi e mi riprendo | spero e prego che qualcuno arrivi | in questa desolata landa | in questa terra spuria di confine. Continua a leggere Dentro l’abisso luccica la storia

Evosistemi

Gianluca D’Andrea

Nessun centro, nessun disegno,
libertà di spingersi dentro
nel mio luogo per voi.
Prima di urlare prendo altre strade.

Depredare, arricchire, ammorbare,
non compro lo specchio
ho un foglio di terra.
Non è questa la fuga agognata,
più attenzione e rigore,
più amore per voi,
voi presenti come un calcio in faccia.

Gianluca D’Andrea, Evosistemi
Con dipinti di Orodè Deoro
Salerno, Edizioni L’Arca Felice, 2010.

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Qui una scelta di testi tratti dall’opera e una nota critica
di Stefano Guglielmin.

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Il compito terreno dei mortali (II)

Stefano Guglielmin
Flavio Ermini

L’estensione e il pensiero, i due attributi conoscibili della sostanza spinoziana, trovano ne Il compito terreno dei mortali (Mimesis, 2010) di Flavio Ermini la vista e la voce quale modi privilegiati della soggettività, che rende conto della macerie terrestri proprio descrivendole nei particolari emblematici e visibili (la crepa, il sangue, le ombre, l’affiorare rasoterra ecc.), entro un tono di voce disincarnato, quasi provenisse dai miasmi ipogei, per sgorgare in superficie, oppure scendesse dal cielo, sempre grave sopra i mortali, che nascono “scostando di poco una pietra tombale”, per declinare via via, come un ramo carico di foglie.

(Continua a leggere la nota critica di Stefano Guglielmin su Blanc de ta Nuque)

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C’è bufera dentro la madre

Stefano Guglielmin

“Poesia percussiva che sottrae all’orizzonte spazio, creando invece un immaginabile tetto-limite-cornice contro cui le parole sbattono il loro significante per poi riabbassarsi. Movimenti ripetuti e cortocircuitati che costituiscono la bufera semantica per l’effettiva bufera che Guglielmin sta mettendo in scena.”

(Cristina Annino,
dalla Prefazione)

le lascia i graffi sul collo. e un bacio, talvolta.
capita quando smette di stare a vedetta, quando striscia
sul colmo del bene. appena la bile sfiorisce, lei lo veste
d’affetto come fosse un pulcino. gli alza le dita dal mondo
se le posa sul petto.

(Continua a leggere qui…)

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Qual è il vero dono?

Poetarum Silva
Blanc de ta nuque

Qual è il vero dono?

Il corpo di parole a cui il poeta disegna labbra e occhi, modulando
i suoi segni sul ritmo di tracce familiari o inavvertite, sul profilo incerto che
gli specchi rimandano a fatica,

 

oppure
la devozione di chi leggendo
in quella carne si immerge,
recupera dai fondali i suoni
che danno voce a quelle labbra,
le radici che danno immagini
a quegli occhi – la sostanza
che immette sangue,
respiro e movimento
in quella creatura d’aria
?

 

La risposta è qui, qui e qui

Ringrazio di cuore Natàlia, Enzo e Stefano.

 

Poesia e presente

Stefano Guglielmin

“E’ evidente, e, credimi, non è tanto per dire, che ‘Senza riparo‘ è un lavoro destinato a divenire un punto di riferimento, di paradigma e di confronto, per chiunque con onestà intellettuale si occupi di poesia contemporanea, e per chiunque l’abbia in grande considerazione.”
(Manuel Cohen)

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Ritmi d’insonnia – di Giorgio Bonacini


(Immagine fotografica di Stefano Bernardoni)

Giorgio Bonacini – Ritmi d’insonnia
(Tratto da: L’edificio deserto, Bologna, Edizioni di Parol, 1990)

                                  Il mio portamento in levare
                                  disanima tutto- passai per quell’uscio
                                  e nessuna sorpresa
                                                            la forma del sonno

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Linee d’ombra – di Stefano Guglielmin

La linea d’ombra, l’ultimo importante racconto di Joseph Conrad, ci descrive il travaglio che ciascuno di noi deve compiere per crescere, per essere capace di decisione; lo stesso motivo spinse l’Alighieri ad attraversare la «selva oscura» e l’intero imbuto del male, così come portò San Paolo all’inferno, Enea e Ulisse nell’Ade: l’ombra, qui, è crogiolo alchemico in cui necessariamente sprofondare, per rinascere soggetti capaci di incamminarsi verso una meta salvifica, luminosa, dove fondare città e famiglia. Eppure, di perpetuo, nell’esperienza non incontriamo che l’eliotiana terra desolata («quali radici s’abbarbicano, quali rami crescono / su queste macerie?»), in cui il confine radioso si sposta, irraggiungibile.

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Poesie di Maria MARCHESI

Fu quando apersi gli occhi e vidi l’alba
e conobbi il principio dell’azione
che vidi il mio corpo in agonia
e l’anima separata dai miei occhi.
Mi soccorse la parola, la sola ombra
che ha sangue e carne,
mi dette la pietà che occorreva.

Continua a leggere sul blog di Stefano Guglielmin, preceduti da una preziosa nota introduttiva, altri testi di questa eccellente, dimenticata poeta.

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